L'OPV tra il Novecento e Schubert
Pestalozza, Adolph, Arciuli con l'Orchestra di Padova e del Veneto
Ben oltre la capacità attrattiva di un interprete, capita a volte che in un concerto l’elemento trainante sia rappresentato dal programma. Raramente, invece, il primo caso sposa l’altro. Così è accaduto con l’Orchestra di Padova e del Veneto nel concerto diretto da Andrea Pestalozza. L’entusiasmo suscitato dalla presenza dei Rückert-Lieder di Mahler e dell’Ode a Napoleone Bonaparte di Schönberg si è scontrata con una realtà ben diversa. La varietà di atteggiamenti che animano questi Lieder, infatti, si è presto disciolta in un una serie di numeri musicali totalmente privi della tensione necessaria a far si che le preziose sonorità pensate sulla base di un’orchestra in continuo movimento, si potessero modellare all’unicità del carattere proprio di ogni singola poesia. Nonostante la sua giovane età, la voce di Christian Adolph si impone tuttavia con un timbro caldo e sorprendentemente adatto a cavalcare anche qualche scoppiò orchestrale di troppo, mentre non riesce a infrangere gli schemi di un’impostazione votata unicamente al belcanto laddove Schönberg, non a caso, aveva pensato più alla voce di un attore educata alla musica che a quella di un cantante prestata a un infinito recitativo. L’agilità e il temperamento di Emanuele Arciuli al pianoforte, tutto teso a celare l’imponete virtuosismo richiesto a favore di una dirompente musicalità, non incontra tuttavia il giusto appoggio degli archi che minano l’ingranaggio ritmico predisposto tra le parti.
Chiudendo un occhio, infine, su qualche stravaganza interpretativa, l’Incompiuta di Schubert riporta inaspettatamente un certo ordine tra gli elementi dell’orchestra.
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