Lille, il Pipistrello torna in francese

Una nuova produzione con la regia di Laurent Pelly

 Die Fledermaus (Foto Simon Gosselin)
Die Fledermaus (Foto Simon Gosselin)
Recensione
classica
Opera di Lille
Die Fledermaus
04 Giugno 2024 - 17 Giugno 2024

All’Opera di Lille ha successo una nuova produzione firmata Laurent Pelly de Die Fledermaus di Johann Strauss figlio con il libretto di Haffner e Genée proposto in francese ed adattato da Agathe Mélinand. Il libretto tedesco è ispirato ad una farsa francese di grande successo all’epoca, Le Réveillon, di Meilhac e Halévy, ed è quest'ultima che è il riferimento della nuova versione de La Chauve-Souris a Lille anche per i diversi nomi dei protagonisti. Ma ricordiamo che Le Réveillon a sua volta riprendeva a grandi linee Das Gefängnis (La prigione, 1851), commedia molto popolare del tedesco Roderich Benedix. Se sin dall’inizio, quindi, quest’operetta è nata come un riuscito connubio dello spirito viennese e francese del tempo, con la sua caratteristica leggerezza e autoderisione,  adesso si adatta allo spirito dei nostri giorni e con Pelly arriva ad assumere una sfumatura surrealista. Le scenografie di Chantal Thomas consistono in una grande scatola con le pareti che si aprono e si staccano diventando anche sghembe. L’appartamento di Gaillardin (il nome in francese del ricco possidente Eisenstein) condannato ad andare in prigione per avere schiaffeggiato un pubblico ufficiale è molto essenziale, con solo due porte, anzi tre perché una si rispecchia sul pavimento e la sua immagine, si scoprirà presto, si apre come una botola. Ma l’abito dalle linee piuttosto moderne di Caroline (la Rosalinde tedesca), la moglie di Gaillardin, accostato al grembiulone ottocentesco della cameriera Adèle non fa capire inizialmente bene in che epoca ci troviamo, se nell’Ottocento o nel Novecento. La messa in scena fredda e povera, malgrado i tentativi di ravvivarla con qualche trovata, è un po’ confusa e lascia delusi inizialmente, anche perché contrasta con l’andamento invece ben frizzante della musica, sin dalle prime battute dell’ouverture. Nei due atti successivi invece scene e costumi, pur restando essenziali, trovano forme più efficaci, fuori da un tempo preciso, solo con qualche opportuno riferimento alla moda di fine Ottocento, sufficiente a supportare l’intrigo e con un pizzico di follia creativa, appunto, surrealista. Deliziosa, ad esempio, la stanza dalle pareti in plastica leggera che viene fatta rotolare sino ai bordi della scena quando non serve più. Molto belli, in particolare, i vestiti della festa, costumi tutti disegnati dallo stesso regista. Sul podio Johanna Malangré, giovane direttrice tedesca guida con grande precisione e brillantezza l’Orchestre de Picardie e ben ha fatto di rispettare la tradizione di proporre la polka che è stata successivamente inserita nello spartito perché il suo bel ritmo danzante ben introduce il secondo atto dedicato alla festa organizzata dal principe  Orlofsky dove nessuno dei protagonisti dovrebbe essere ed invece vanno tutti sotto false identità oppure mascherati (ed anche delle maschere, qui appena, accennate, si sente un po’ la mancanza). Se scene e costumi non convincono del tutto, nella direzione degli artisti il regista invece guida, come al suo solito, i movimenti con grande cura e sapendo ben ricreare l’atmosfera gioiosa delle serate ben innaffiate di champagne. Il cast è tutto di ottimo livello: Gaillardin è il baritono Guillaume Andrieux che ben assume una tessitura che in quest’operetta sconfina a quella di tenore; la moglie Caroline è il bravo soprano Camille Schnoor  che dimostra anche delle ottime doti d’attrice; il suo amante Alfred, maestro di canto, è il tenore Julien Dran che si fa ammirare anche cantando fuori scena per il bel timbro; la cameriera Adèle che sogna di diventare attrice è la frizzante soprano di coloratura Marie-Eve Munger che dopo un inizio un po’ sfocato ritrova precisione ed è molto apprezzata dal pubblico; il ruolo del giovane ed annoiato principe russo è incarnato in modo divertente dal mezzosoprano Héloïse Mas;  il dottor Duparquet (in tedesco Falke) che vuole vendicarsi dello scherzo fattogli anni prima da Gaillardin che lo aveva costretto ad attraversare la città vestito da pipistrello, è ben interpretato dal baritono Christophe Gay; lo stesso può dirsi di Franck Leguérinel nei panni del direttore delle carceri Tourillon (Frank) e del tenore Raphaël Brémard in quelli  dell’avvocato incompetente. Ben caratterizzate anche le parti solo recitate. Buona la prova del coro dell’Opera di Lille diretto da Mathieu Romano. Un plauso infine pure per le luci di Michel Le Borgne ben efficaci a dirigere l’attenzione nel grande spazio vuoto d’arredi.

 

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