A Liegi La vie parisienne inedita

Interpretazione circense di Christian Lacroix

 La vie parisienne (Foto ORW-Liège – J. Berger)
La vie parisienne (Foto ORW-Liège – J. Berger)
Recensione
classica
Opéra Royal de Wallonie-Liège
La vie parisienne
22 Dicembre 2022 - 31 Dicembre 2022

E’ arrivata infine a Liegi, dove avrebbe avuto debuttare, e dove sono stati realizzati scene e costumi, La vie parisienne di Offenbach nell’edizione inedita curata dal centro di musica francese Palazzetto Bru Zane che ha ricostruito la versione originale integrale scritta dal compositore nel 1866 e mai in realtà andata in scena sopratutto per il fatto che, come si sa, gli artisti del Théâtre du Palais-Royal erano più attori che cantanti e non si rivelarono all’altezza della partitura originale. Un’edizione quindi più completa e di difficile esecuzione rispetto a quelle viste sinora che, per gli spostamenti di programmazione causati dalla pandemia, è andata in scena prima in Francia e finalmente è adesso arrivata in Belgio, sollevando peròqualche perplessità. Se da una parte, infatti, da un punto di vista musicale si è cercato il più possibile l’originale, ed anche nelle parti recitate non si è attualizzato lasciando anche, ad esempio, il riferimento d’epoca ad “Adelina Patti nel Don Pasquale”; dall’altra, lo stilista Christian Lacroix, a cui sono state affidate regia, scene e costumi, pur affermando di essersi ispirato alla prima messa in scena del 1866, ne ha dato una versione marcatamente circense con le facce imbiancate per molti personaggi, e molto più contemporanea. L’impressione è quindi d’operazione contraddittoria con i personaggi presentati in modo così buffo, spesso ridicolo, che tutta l’eleganza e finezza della presa in giro si perde e si trasforma in una comicità caricaturale grossolana. Non giova poi alla fruizione di questa versione lunga della Vie parisienne, l’avere scelto di interromperla con un solo intervallo, invece che due, con il risultato che la prima parte dura un’ora e 45 minuti, un po’ troppo per un’operetta. Se queste sono le principali note negative, di positivo c’è innanzitutto il piacere di scoprire le differenze con le edizioni in uso precedenti e poi sul podio c’è il maestro Romain Dumas che guida con la necessaria verve l’Orchestra dell’Opéra Royal de Wallonie-Liège con prestazione in crescendo, nonché un cast per la maggior parte assai giovane che ha dimostrato di sapere ben cantare e interpretare, malgrado qualche ingenuità registica che li fa troppo spesso recitare rivolti verso il pubblico piuttosto che verso chi dovrebbero parlare. Tra i tanti personaggi, si fanno notare il soprano Anne-Catherine Gillet come la guantaia Gabrielle, dalla voce brillante e agile; i bravissimi Flannan Obé e Laurent Deleuil sono poi i due divertenti amici Gardefeu e Bobinet;  il baritono Jérôme Boutillier è un barone dalla voce ben centrata e sonora, mentre il soprano Sandrine Buendia è una baronessa che si fa apprezzare sempre più nel corso degli atti; il ruolo del brasiliano è affidato al tenore Pierre Derhet che ben interpreta, tutto rivestito d’oro, in particolare la sua famosissima aria del primo atto  “Et je viens pour que tu me voles / Tout ce que là-bas j’ai volé !”; manca invece ancora un po’ di carisma ad Elena Galitskaya per essere una convincente Metella, seducente ma saggia. Le scene di Lacroix sono funzionali e passano dall’essere l’affollata stazione ad interni eleganti senza troppo difficoltà, anche se non sono memorabili; i costumi pur eccessivamente clowneschi comunque si fanno ammirare per vivacità di colori, creatività e ricchezza di particolari; in più c’è un gruppo di danzatori che spesso richiamano lo stile burlesque che fa ridere molto il pubblico. Insomma, lo spettacolo è assicurato e pure gli applausi finali trascinati dal galop ripetuto dopo i primi ringraziamenti.

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