A Liegi è tornata Adriana Lecouvreur

Nuovo allestimento di Arnaud Bernard

Adriana Lecouvreur
Adriana Lecouvreur
Recensione
classica
Opéra Royal de Wallonie-Liège
Adriana Lecouvreur
11 Aprile 2023 - 22 Aprile 2023

Semplicità e verità si dice che fossero le caratteristiche distintive della comédienne Adriana Lecouvreur che si distingueva dalle colleghe per uno stile declamatorio molto vicino al parlato naturale. Ed il regista Arnaud Bernard ha dichiarato di essersi ispirato a tali qualità per mettere in scena il capolavoro di Cilea che mancava da Liegi da più di trent’anni, dal 1990 per l’esattezza. L’azione è stata trasportata al periodo della Belle Époque, e certo non è facile essere semplici in Adriana, sopratutto nel primo atto che è un bell’esempio di teatro nel teatro ed il rischio è sempre il sovraccarico di elementi e la confusione. Oltretutto il regista ha voluto, sempre in base a quanto dichiarato, fare dell’opera anche una sorta di omaggio al dietro le quinte del teatro e ai suoi mestieri nascosti, quindi tutte le azioni sono inquadrate in una cornice di macchine di scena e gli attrezzisti che cambiano gli arredi diventano  parte integrante dello spettacolo e sono quindi pure in costume. Tutto a vista dunque, le scene sono dello stesso regista in collaborazione con Virgile Koering, e all’inizio l’impressione è di eccessiva complessità, esattamente il contrario delle intenzioni, ma funzionano meglio dal secondo atto anche se le pareti che calano dall’alto per formare gli ambienti più intimi, malgrado i bloccaggi, continuano ad essere un po’ instabili e mettono ansia. Non aiutano poi i costumi di Carla Ricotta che non valorizzano i cantanti e contribuiscono ad un’impressione di pesantezza. Ed è un peccato perché gli interpreti  si impegnano a fondo, anche se c’è una tendenza allo stridulo favorita da un’orchestra dai toni un po’ troppo accesi, condotta dall’americano Christopher Franklin che dirige Adriana per la prima volta e spesso non va molto per il sottile. La parte della protagonista è affidata al soprano rumeno Elena Moşuc ancora in grado di vestire credibilmente i panni di una ventenne e di affrontare le difficoltà della parte, voce squillante, già molto applaudita sin dalla sua celebre aria “Io son l'umile ancella” al primo atto, la cui dolcezza di modi compensa in parte certe esilità e legati ed acuti un po’ tirati. Ma il suo “Poveri fiori” non emoziona e commuove come dovrebbe per mancanza di drammaticità. La Moşuc cederà il ruolo alla ultime repliche al giovane soprano Carolina López Moreno. Per il ruolo di Maurizio, principe di Sassonia, è stato chiamato Luciano Ganci, tenore specialista del ruolo che rende con grande naturalezza e con la sua solita spavalderia. Nella parte di Michonnet si fa ammirare il baritono Mario Cassi per l’interpretazione e la cura del fraseggio, empatico con la giovane Adriana, assai toccante e verosimile nell’esprimere il suo sfortunato amore segreto per la donna innamorata invece di Maurizio.  Il mezzo Anna Maria Chiuri è una principessa di Bouillon vestita addirittura da aviatore per l’appuntamento segreto con Maurizio, un po’ troppo, ed anche vocalmente non convince. Nel cast anche altri due bravi cantanti italiani: i bassi Mattia Denti  come principe di Bouillon,  e Luca Dall’Amico come Quinault. E merita una segnalazione anche il giovane tenore polacco-bulgaro Alexander Marev, ormai più che una promessa, come Poisson.  Il coro si sfilaccia nella confusione generale, non convince neppure il balletto curato da Gianni Santucci perché risulta estraneo al resto dello spettacolo per movenze e costumi, sopratutto Paride, anche se vuole omaggiare lo spirito artistico avanguardistico dell’epoca e l’idea di proporre una danzatrice-farfalla con i bastoni a prolungare i movimenti delle braccia, che viene calata dall’alto in modo spettacolare, è una giusta citazione dei balletti di moda nella Belle Époque come quelli di Loïe Fuller e Isadora Duncan.

 

 

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