Le nuove combinazioni del Beethovenfest

Moor Mother e Bruckner, contemporaneità e tradizione nel concerto all’Oper Bonn

Moor Mother
Moor Mother
Recensione
classica
Oper Bonn
Moor Mother, Dirk Kaftan
16 Settembre 2022

La musica vive, la musica è dal vivo. Che si tratti di una Sinfonia di Bruckner o delle incredibili miscele di suoni e parole di Moor Mother, la percezione del tempo che scorre resta come sospesa quando l’ascolto avviene al cospetto degli interpreti, perché l’effetto emotivo ed espressivo, il coinvolgimento del pubblico può raggiungere i massimi livelli. Come è avvenuto a Bonn nel corso della penultima giornata del Beethovenfest 2022, durante un concerto al Teatro dell’Opera caratterizzato da un programma ad alto contrasto. Presentare Analog Fluids of Sonic Black Holes è stata in qualche modo una sfida a una visione più tradizionalista del Festival dedicato all’illustre concittadino, ma il nuovo direttore artistico Steven Walter – presentando la performance dell’artista di Philadelphia insieme al quintetto d’archi Wooden Elephant e alla Beethoven Orchester Bonn diretta da Dirk Kaftan – ha anche voluto tranquillizzare gli ascoltatori sottolineando come la musica di Moor Mother accanto a una forte carica di protesta contenga anche un potente messaggio di amore.
 

Eseguito per la prima volta con questo nuovo organico ‘acustico’, grazie a un arrangiamento realizzato da Ian Anderson (violista dell’ensemble Wooden Elephant), Analog Fluids of Sonic Black Holes rispetto alla versione discografica del 2019, dove l’elettronica ha una parte preponderante, ha acquisito un consistente spessore espressivo. Una situazione insomma che ha consentito alla poetessa/musicista/attivista americana di incrementare ulteriormente l’efficacia del suo grido di protesta, delle sue disperate invocazioni ai potenti della terra, delle sue denunce sociali dinanzi agli uomini e alle donne di tutto il pianeta. Il ribollire del sangue, la morte che arriva per mano dei bianchi, le speranze vere e false, temi che si sono avvalsi di un tessuto orchestrale estremamente duttile, in una interessante varietà di timbri, di ritmi e di suoni. Moor Mother ha avuto la capacità di esprimersi con estrema autorevolezza sia in presenza di una scrittura quasi ‘sinfonica’ sia mentre le percussioni le creavano la base per un vero e proprio rap dissacratorio.
 

Davvero singolare la naturalezza con cui il pubblico dell’Oper Bonn – prevalentemente anziano, ma con una pattuglia giovanile abbastanza assortita – è passato dalla contemporaneità degli Analog Fluids alla solida tradizione classica della VII Sinfonia di Anton Bruckner. In fondo però i contenuti emozionali di questo lavoro non sono affatto inferiori da quelli che Moor Mother porta nelle sue performances. La solida scrittura orchestrale del compositore austriaco riesce sempre a trascinare, a commuovere, a entusiasmare chi sa comprenderne il linguaggio, calandosi in un periodo storico completamente diverso da quello attuale e dunque con modalità espressive del tutto diverse. Modalità che la Beethoven Orchester e il suo direttore hanno evidenziato con grande sicurezza, grazie a un suono corposo e a una grande padronanza nell’affrontare l’ampio brano del compositore austriaco, qualità che il pubblico ha apprezzato e applaudito lungamente al termine del concerto.
 

La serata non è però terminata, ancora un appuntamento ‘late night’ dedicato a tutt’altra esperienza sonora, quella che alcuni membri del gruppo Alarm Will Sound hanno proposto nell’ex piscina di Viktoriabad, una location particolare per un’opera altrettanto particolare: Tessellatum di Donnacha Dennehy in una nuova versione di Lyam Byrne per quintetto d’archi (che comprendeva anche la viola da gamba dello stesso Byrne) ed elettronica ha letteralmente consentito al pubblico di ‘immergersi’ in un magma sonoro continuo, ancora una volta un viaggio emozionale in cui la percezione del tempo è rimasta sospesa per quasi un’ora. Può succedere anche questo al Beethovenfest di Steven Walter.


 

 

 

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