Le Comte Ory inaugura il ROF mettendo insieme Rossini e Bosch

Un’esecuzione musicale di buon livello e una realizzazione scenica molto opinabile per l’unica opera comica francese del compositore pesarese.

MM

10 agosto 2022 • 3 minuti di lettura

Le Comte Ory (Foto Amati Bacciardi)
Le Comte Ory (Foto Amati Bacciardi)

Vitrifrigo Arena

Le Comte Ory

09/08/2022 - 19/08/2022

Una gigantesca riproduzione del Trittico delle delizie (il solo pannello di sinistra, per la precisione) di Hieronymus Bosch è la prima immagine che Hugo De Ana offre agli spettatori di Le Comte Ory. Anche in seguito l’immaginario di Bosch ispira il regista, scenografo e costumista argentino, perché alcuni degli esseri mostruosi che popolano i quadri di Bosch sono riprodotti tridimensionalmente e collocati sul palcoscenico come enormi statue. Perché? L’unica risposta che si può tentare di dare è che De Ana, tralasciando i complessi significati allegorici e gli incubi inquietanti delle invenzioni di Bosch, consideri la sua arte come un esempio di quella libertà fantastica, di quell’assenza di regole, di quel rifiuto della logica e del buon senso comune, che ritornerebbero anche in Rossini, almeno stando a una concezione critica ormai un po’ obsoleta, e che però nella sua musica si manifestano in modo totalmente diverso!

Se poi si passa a considerare la regia che De Ana stesso colloca sotto quelle immagini, ci si accorge che non ha nulla a che spartire con Bosch (e non è un problema) né con Rossini (e questo invece è molto discutibile). De Ana sembra non aver nemmeno letto il libretto e inventa una serie di azioni che non riflettono in nessun modo la vicenda che si svolge nell’opera, tutto è un non sense totale, mentre Le Comte Ory (che, ricordiamolo, è un’opera francese e non italiana) è inverosimile ma ha al suo fondo uno strato di umorismo frizzante e di equilibrio razionale tipicamente francesi e più precisamente parigini e non è un’invenzione scatenata e totalmente assurda come certe scene che l’opera buffa italiana e più precisamente napoletana prende dalla commedia dell’arte.

Per sollevare il pubblico dallo spaesamento e dalla depressione provocate dal bailamme insensato da lui inscenato e per strappargli qualche risata, De Ana peggiora ancora le cose, ricorrendo a trovate totalmente gratuite, come il gruppetto di dinosauri che compare alla fine del primo atto, e a gags di gusto vecchio e discutibile. Nel secondo atto però De Ana cambia almeno parzialmente strada, nel senso che rispetta i punti essenziali del libretto e dà modo di capire o intuire quel che la vicenda racconta.

Sotto l’aspetto musicale le cose vanno molto meglio. A dire il vero la direzione di Diego Matheuz è fluida vivace ma – se si va ad analizzarla un po’ più da vicino - anche piuttosto trascurata nei dettagli, poco interessata a valorizzare pienamente la raffinata orchestrazione di Rossini e poco attenta a non coprire i cantanti. Il protagonista è Juan Diego Flórez, da quest’anno anche direttore artistico del festival di Pesaro, i cui meriti come interprete delle opere serie di Rossini “son noti all’universo… e in altri siti” (chiedo venia per la citazione donizettiana fuori tema). Meno nota è la sua vis comica, che può essere spumeggiante e travolgente, ma che De Ana non valorizza al meglio. Che oggi, alla soglia dei cinquant’anni, la sua voce sia meno svettante negli acuti non è un male, perché in compenso è diventata più morbida e quindi più adatta allo stile di canto francese. La Contessa… pardon Comtesse è Julie Fuchs, un soprano leggero dalle agilità immacolate – talvolta leggermente meccaniche, ma questo è parte integrante di questo tipo di voci francesi - ma un po’ pallidina come interprete. Una gran bella sorpresa è la giovanissima russa Maria Kataeva, che è perfetta nel non facile ruolo en travesti di Isolier e sembra già pronta per ruoli ancor più impegnativi. A interpretare Raimbaud era il baritono Andrzej Filonczyk, anch’egli giovane ma non più una sorpresa, perché già si è conquistato un nome come cantante rossiniano. Bene anche il basso Nahuel Di Pierro nel ruolo del Gouverneur, particolarmente sacrificato dalla regia. Nel ruolo minore ma non minimo di Alice si è fatta positivamente conoscere un’altra giovane, Anna-Doris Capitelli. Merita una citazione a parte una cantante squisita come Monica Bacelli, un lusso nel ruolo di Ragonde.

A completare il bel livello della realizzazione musicale contribuivano l’Orchestra Nazionale della Rai e il Coro del Teatro Ventidio Basso col suo Maestro Giovanni Farina.