L'abito non fa Turandot

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Recensione
classica
Teatro Lirico Giuseppe Verdi Trieste
Giacomo Puccini
02 Dicembre 2005
Pretendere di presentare in una sfarzosa cornice "Turandot" senza che vi siano cedimenti intonati ad un orientalismo archeologico e a fasulle cineserie è un rischio grosso. Ma tuffarsi nell'ovvietà è ancor peggio. E ci è riuscito Giacchieri, plenipotenziario di scene, regia, costumi e luci per la "Turandot" inaugurale triestina. Deludente la sua messinscena verosimile, dirottata verso sistemazioni e costumi di genere. L'elemento cerimoniale non è decorazione bensì radice della sostanza drammatica, che in questa "Turandot" si appanna in una regia inesistente. Ai lati dell'avanscena la folla si accalca chiudendo ai protagonisti l'area di azione; il senso di soffocamento, di affastellamento in scena finisce per rendere carnevalesco il rito crudele e imperativo della principessa di gelo. La piccola scalea vomita gradinate di teste mozzate, di plastica, buone più per i carri di Viareggio. Stucchevoli i costumi. Andava meglio la scena con i tre grandi pannelli sullo sfondo avanti ai quali i tre ministri imprecano alla capricciosa crudeltà di Turandot, muovendosi però con pochissimo sinistro rilievo e reggendo un ventaglio ciascuno tra le mani. "Turandot" è un'opera in cui la musica chiede sempre allo spettacolo indicazioni precise e non impennate bandistiche: Oren ha diretto come se fosse all'Arena, pronto a strapazzare i suoni e a farli tuonare in eccessivi fortissimi come fa abitualmente per le orde di corrieristi in gita a Verona, cui è abituato. Il parossismo del crescendo musicale non si è per nulla creato, nonostante il pubblico (ma era sordo?) fosse di buon palato e applaudisse soddisfatto. Risultato? Un monocorde fracasso e una gara a chi urlava più degli altri (con un salvataggio per Ping, Pong e Pang, più discreti e signorili), da Francesco Hong, tenore lirico coreano mal calato nei panni di Calaf, sbracato all'inverosimile e con la laringe ormai usurata (eppure è giovanissimo), al basso Striuli, caricaturale nelle vesti di Timur. Quanto alla strombazzata protagonista, l'americana Andrea Gruber, non vi sarebbero più motivi per andarla a riascoltare altrove, almeno in "Turandot": non possiede una voce argentea, non ha capacità di espandersi con forza e dolcezza insieme, non riesce a far percepire le parole, frammenta sillabicamente gli incisi musicali con voce gutturale e asprigna e non fa onore alla principessa di gelo nemmeno scenicamente. Ancora acerba e indecisa la Liù della cubana Eglise Gutierrez, poco commovente e partecipata.

Note: 16-12-2005: rappresentazione a Pordenone, Teatro Comunale "Giuseppe Verdi 21/12/2005: rappresentazione a Udine, Teatro Nuovo "Giovanni da Udine"

Interpreti: Turandot: Andrea Gruber (2, 4, 7, 10) / Giovanna Casolla (3, 6, 9, 16, 21); Altoum: Angelo Casertano; Timur: Carlo Striuli; Calaf: Francesco Hong (2, 4, 7, 10, 16, 21) / Nicola Martinucci (3, 6, 9); Liù: Eglise Gutierrez (2, 4, 7, 10, 16) / Latonia Moore (3, 6, 9, 21); Ping: Fabio Previati; Pang: Carlo Bosi; Pong: Enzo Peroni; Principe di Persia: Angelo Casertano; Un mandarino: Angelo Nardinocchi; Ancelle: Carolina Arditi, Ondina Altran / Vania Soldan, Alessandra Vavassori

Regia: Regia e Luci: Renzo Giacchieri

Scene: Renzo Giacchieri

Costumi: Renzo Giacchieri

Orchestra: Orchestra del Teatro Lirico "G. Verdi" di Trieste

Direttore: Daniel Oren

Coro: Coro del Teatro Lirico "G. Verdi" di Trieste

Maestro Coro: Lorenzo Fratini

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