La vocalità russa premia il Boris triestino.

La collaborazione tra il 'Bolshoi' di Mosca e il 'Verdi' di Trieste ha reso possibile la messa in scena di un Boris Godunov di eccellente pregio vocale e di notevole effetto scenografico.

Recensione
classica
Teatro Lirico Giuseppe Verdi Trieste
Modest Musorgskij
23 Marzo 2001
Fosse stata la rappresentazione della teatralogia wagneriana, il contesto sarebbe stato più appropriato, potendosi se non altro attribuire a scene come quella dell'incantesimo del fuoco, il vago odore di bruciato rimasto nel teatro dopo l'incendio della scorsa settimana, odore da cui lo scrivente si è salvato solo grazie a un implacabile raffreddore. Si è invece trattato del "Boris Godunov", produzione nata grazie a una stretta collaborazione del Verdi col Teatro Bolshoi di Mosca, che oltre a suggellare per il teatro di Trieste lo scampato pericolo dal fuoco, ha confermato il ruolo, che la città sta sempre più acquistando, di ponte tra la società occidentale e quella orientale. Inconvenienti olfattivi a parte, va detto che lo spettacolo ha avuto il significativo merito di riportare a Trieste l'opera di Modest Musorgskij dopo quasi trenta anni di assenza, proponendola questa volta in lingua originale e con un cast di eccellenti specialisti, importando direttamente l'allestimento del teatro moscovita, direttori d'orchestra, tecnici e ammistrativi compresi. Il termine specialisti, usato poc'anzi, è qui d'obbligo perché per il dramma del compositore russo, presentato nella scintillante orchestrazione di Rimskij Korsakov, la vocalità dei cantanti del Bolshoi risulta impareggiabile, vuoi per impostazione tecnica vuoi per tradizione interpretativa. Sono emersi i bei timbri scuri, quasi rudi ma efficaci per la caratterizzazione dei personaggi, di Vladimir Matorin (Boris) e Vladimir Kudryashov (Shujski); molto validi anche il tenore Vitaly Tarashchenko, nella parte del falso Dimitrij, e il mezzosoprano Nina Terentieva, in quella di Marina. Significativa è stata la capacità di tutti gli interpreti di non lasciarsi mai sopraffare dalle pur piene sonorità dell'orchestra, che ha offerto una buona prova ma che è stata condotta da Mark Ermler in maniera talvolta approssimativa per quanto riguarda la concertazione e, di conseguenza, la sincronia con i cantanti. Impegnativo ma svolto egregiamente il compito del coro, molto presente nelle affollate scene dell'opera, e che per l'occasione era rinforzato da alcune elementi russi. 'Last but not least', la parte del leone, in una rappresentazione per cui non è stata prevista una figura di regista, l'hanno fatta le scene e i costumi del Bolshoi, in una rara occasione di utilizzo fuori patria, vera e propria delizia per gli occhi degli spettatori, e testimonianza di tradizioni culturali ancora da scoprire.

Note: allestimento del Teatro Bol'shoi

Interpreti: Maturin/Pochapsky/Martirosyan, Pustovaya, Okolysheva, Segenyuk, Kudryashov, Grigoriev, Tarashchenko/Kuznetsov

Scene: Teatro Bol'shoi

Costumi: Teatro Bol'shoi

Corpo di Ballo: Corpo di ballo del Teatro Verdi

Orchestra: Orchestra del Teatro Verdi

Direttore: Mark Ermler/Vladimir Andropov

Coro: Coro del Teatro Verdi

Maestro Coro: Ine Meisters

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

I poco noti mottetti e i semisconosciuti versetti diretti da Flavio Colusso a Sant’Apollinare, dove Carissimi fu maestro di cappella per quasi mezzo secolo

classica

Arte concert propone l’opera Melancholia di Mikael Karlsson tratta dal film omonimo di Lars von Trier presentata con successo a Stoccolma nello scorso autunno

classica

Piace l’allestimento di McVicar, ottimo il mezzosoprano Lea Desandre