La parola senza canto

Al Bologna Festival un intenso raffronto tra Egmont (Goethe) e Ode a Napoleone (Byron)

Foto Roberto Serra
Foto Roberto Serra
Recensione
classica
Bologna Festival Bologna
05 Maggio 2017

L’esecuzione integrale di musiche di scena cresciute attorno a grandi lavori del teatro parlato è quasi una rarità in sede di concerto: o se ne propone l’esecuzione filata, come una suite strumentale, oppure si allestisce un estratto della tragedia, meramente funzionale a separare i singoli numeri musicali (là dove, in origine, era invece la musica a intercalare la rappresentazione integrale della tragedia stessa). Adottando una soluzione intermedia, il Bologna Festival ha proposto le musiche di Beethoven per l’Egmont di Goethe appoggiate alla potenza espressiva di Thomas Quasthoff che, lasciatosi definitivamente alle spalle la carriera da baritono, ama oggi assumere le vesti di voce recitante (analoga prestazione tre mesi fa a Palermo nel Sogno di Shakespeare-Mendelssohn). La forza comunicativa come attore non è inferiore a quella che sapeva esprimere come cantante, e la riduzione del testo goethiano in frammenti lirici di carattere onirico, evocativi più che narrativi, era ben funzionale alla sua interpretazione quasi allucinata. Fondamentale pure l’apporto del soprano Chen Reiss, la cui voce purissima ha sostenuto i due unici inserti cantati, mostrandoci l’immagine di un Beethoven insolito, affettuosamente gentile. La seconda parte del concerto faceva da perfetta risposta alla prima, con l’esecuzione della cameristica Ode to Napoleon di Byron rivestita musicalmente da Schönberg: all’eroismo di Egmont e al suo sacrificio per la libertà dei fiamminghi si contrapponeva la satira contro il tiranno francese, preso a metafora della violenza hitleriana. Del mitigato Sprechgesang che caratterizza questo melologo (ma in una traduzione tedesca declamata con l’ausilio del microfono) si è fatto carico Peter Schweiger, prestandosi a un confronto ravvicinato nella modalità di recitazione, più sottile, più ironica di quella possente offerta da Quasthoff. L’intera Luzerner Sinfonieorchester tornava in palcoscenico da ultimo per una sinfonia di Mozart: sulla carta, una scelta poco opportuna dopo la densità sia musicale che etica delle due partiture precedenti; ma la scelta dell’atipica Sinfonia n. 39, con quella sua lunga introduzione così inquieta e sofferta, costruita proprio sulla stessa tonalità di Mi bemolle maggiore con cui si chiude inaspettatamente la partitura di Schönberg in un estremo afflato tonale, si è dimostrata alla fin fine una soluzione felice. L’atipica concertazione di Costantinos Carydis ha poi estratto dagli strumenti una lettura molto asciutta (archi parchi di vibrato, fiati quasi aspri), capace di evidenziare persino aspetti inediti nei primi due movimenti, con grande interesse fra chi credeva di conoscerne già i segreti sonori.

Note: Foto © Roberto Serra

Interpreti: Thomas Quasthoff (voce recitante) Chen Reiss (soprano) Peter Schweiger (voce recitante)

Orchestra: Luzerner Sinfonieorchester

Direttore: Constantinos Carydis

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