La gelida perfezione di Thielemann
Scala: con la Staatskapelle di Dresda per Bruckner e Beethoven
Dopo cinque anni tornano per la stagione sinfonica della Scala la Staatskapelle di Dresda e il suo direttore Christian Thielemann (in carica fino al 2024, quando gli succederà Daniele Gatti). Anche questa volta con lo stesso abbinamento Beethoven Bruckner, ma in due serate. Nella prima la Quinta di Bruckner ha avuto un'esecuzione esemplare, come c'era da aspettarsi da un organico a proprio agio col compositore austriaco e capace d'intuire le minime intenzioni del podio. La sinfonia è risultata smagliante, quasi fosse stato alzato il diapason, complice forse anche l'acustica del Piermarini.
Massima cura in ogni dettaglio, trasparenti i pianissimi dai contorni netti, straordinario come sempre l'impatto degli ottoni. Ciò detto, si è però avuta l'impressione che mancasse qualcosa, difficile da definire, ma legata al bisogno da parte dell'ascoltatore di imprevedibilità, di abbandoni, di dubbi, di ambiguità, insomma di poesia. Ben lo sanno i pittori delle icone che inseriscono un elemento imprevisto dalla tradizione che permetta alla vita di entrare nel quadro. Nel caso di questa Quinta non c'è stato modo che vi entrasse, impedita da una sorta di precisa meccanica muscolarità.
La stessa che la sera successiva ha condizionato l'esecuzione dell'Ottava e della Settima di Beethoven. Tutto perfetto e curatissimo in ogni dettaglio, ma troppo spesso con prepotenti pieni d'orchestra imbrigliati in un metronomo implacabile. Purtroppo a discapito della leggerezza, della dolcezza, anche dell'umorismo che ne fanno composizioni uniche.
Comunque il risultato è stato di altissimo livello, col direttore lungamente osannato a fine serata e improvvidamente applaudito dopo il primo tempo dell'Ottava (era successo anche la sera precedente con Bruckner). Intervento che ha visibilmente irritato Thielemann che ha minacciato i fans disturbatori con la bacchetta (ma ha poi concesso come bis l'ouverture dal Coriolano di Beethoven).
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