Il Tristano di Altinoglu

Successo a Bruxelles per l'opera wagneriana

Tristan und Isolde
Tristan und Isolde
Recensione
classica
Teatro della Monnaie di Bruxelles
Tristan und Isolde
02 Maggio 2019 - 19 Maggio 2019

Un’esecuzione magnifica grazie alla direzione di Alain Altinoglu che conferma la sua fama di essere una bacchetta wagneriana sopraffina, una regia invece che alterna momenti di grande intensità ad altri emozionalmente più deboli e un cast che non convince sino in fondo. Il Tristano ed Isotta per la regia del berlinese Ralf Pleger  delude un po’ le aspettative, non riuscendo a trasmettere al pari della musica tutta la forza della passione dell’amore, ma è uno spettacolo che vale la pena di vedere e sicuramente è da ascoltare per la eccellente prestazione dell’orchestra della Monnaie sotto la guida del suo direttore musicale. I tre atti, tre ambienti molto diversi tra loro ideati da Alexander Polzin, sono minimalisti e risultano nel complesso freddi creando un’impressione di distacco e finzione, malgrado l’uso molto affascinante delle luci, e delle ombre, di John Torres. L’allestimento è tutto giocato sul non mostrato, suggerisce più che affermare, con mani che appena si sfiorano invece che atti d’amore espliciti e duelli appena mimati,  apre porte di differenti associazioni mentali possibili secondo la sensibilità di ciascuno. Così nel primo atto non c’è mare ma delle bianche morbide stalattiti che scendono dall’alto come un mare al contrario o il “veleno” della passione che comincia ad invadere la scena e poi si trasforma in voluttuose luminose colonne; nel secondo atto la scena è dominato da un candido cespuglione centrale pietrificato (ma che lascia intravedere il personale che lo gira), intreccio di natura e corpi che poi prendono vita (ballerini con mutandoni bianchi un po’ ridicoli nel contesto), nido d’amore, rifugio ma anche interpretabile come gabbia fatale; nel terzo sembra di essere in una dimensione terza, fuori dalla spazio e del tempo, ed i personagi compiono il loro destino tra fasci di luci e brillanti sfere. Nel primo cast, il tenore americano Bryan Register, voce potente ed appropriata, dalla tessitura larga e ben sostenuta, rende credibile e appassionante il suo Tristano, malgrado il fisico un po’ appesantito per essere un giovane eroe; voce in teoria adeguata a Wagner pure quella del soprano Ann Petersen come Isolde, forte presenza scenica che però, soprattutto nel primo atto, raggiunge le note più alte con sforzo perdendo di spessore; Nora Gubissch è una Brangania appena sufficiente, minuta sia nell’aspetto che nella resa vocale a confronto dei due possenti interpreti principali; da applausi invece il re Marco di Franz-Josef Selig in una parte che rischia spesso di essere noiosa e che invece il basso tedesco rende autorevole, ben scandita, luminosa e godibilissima; apprezzabile anche Andrew Foster-Williams come Kurwenal; molto bene anche il coro diretto da Martino Faggiani, contrappunto d’effetto al travaglio intimo dei protagonisti e ben disposto dalla regia in scena e nei palchi. Lo stesso non si puo’ dire dei personaggi principali che troppo spesso e a lungo invece sono piazzati da Ralf Pleger rivolti verso la sala invece che verso l'interlocutore. Giudizio mitigato anche sui costumi di Wojciech Dziedzic con alcune buone idee ma non sviluppate a pieno, come la bella struttura in ferro che Isotta indossa all’inizio dell’opera che uno si aspetta lei terrà sino a quando non cederà all’amore che tiene segreto per Tristano, ma di cui invece si sbarazza inspiegabilmente subito. Finali d’atto con effetti di luce curatissimi, l’ultimo particolarmente memorabile. Coprodotto con il Teatro Comunale di Bologna, in Italia lo spettacolo arriverà il prossimo gennaio per l’apertura della stagione. 

 

 

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