Il teatrino della crudeltà di Birtwistle
Brutalità rituale e rigore musicale nell’allestimento dell’Oper Frankfurt di “Punch and Judy” al Bockenheimer Depot
19 dicembre 2025 • 4 minuti di lettura
Frankfurt am Main, Bockenheimer Depot
Punch and Judy
11/12/2025 - 30/12/2025A distanza di quasi sessant’anni dal debutto nel 1968, la "commedia tragica o tragedia comica" Punch and Judy resta uno dei titoli più emblematici – e problematici – del teatro musicale di Harrison Birtwistle, compositore britannico https://www.giornaledellamusica.it/news/la-scomparsa-di-harrison-birtwistle scomparso pochi anni fa. Composto negli anni in cui l’avanguardia britannica cercava un linguaggio autonomo rispetto sia all’opera tradizionale sia al serialismo continentale, il lavoro prende spunto dal popolare teatro di burattini inglese per trasformarlo in una parabola cupa, ossessiva, priva di consolazioni. La trama, ridotta all’osso e volutamente circolare, è una sequenza di atti di violenza ritualizzata: Punch uccide Judy, il bambino, il medico, l’avvocato, il boia, fino a un confronto finale con la Morte stessa, che non porta a redenzione né a vera conclusione. Più che una storia, è un meccanismo implacabile, una giostra crudele che si rimette in moto ogni volta uguale a se stessa.
È noto che quando debuttò al Festival di Aldenburgh, il fondatore Benjamin Britten e il suo compagno Peter Pears manifestarono non proprio entusiasmo per quel lavoro, abbandonando la sala prima della fine dell’esecuzione. Sta di fatto che questo lavoro resta uno dei più noti di Birtwistle e soprattutto in Germania gode di una certa popolarità. Ed è proprio qui che nasce una prima, inevitabile perplessità: che senso ha proporre Punch and Judy oggi, quando la provocazione della violenza esplicita e del grottesco non scandalizza più nessuno come negli anni Sessanta? Se all’epoca l’opera colpiva per la radicalità del gesto, per la rottura con ogni aspettativa narrativa e morale, oggi il rischio è quello di una riesumazione piuttosto sterile di un teatrino della crudeltà che mostra i non pochi limiti. Ma se Punch and Judy verosimilmente non parla più allo spettatore contemporaneo come shock immediato, può forse ancora agire come dispositivo critico, non tanto per ciò che mostra, ma per come lo mostra, per la sua struttura rituale, astratta, quasi archeologica di una violenza fine a se stessa.
Ciò detto, l’allestimento dell’Oper Frankfurt al Bockenheimer Depot sembra muoversi con consapevolezza in questa direzione. Lo spazio industriale dell’ex deposito tranviario, con la sua nudità funzionale e la distanza ravvicinata tra pubblico e interpreti, si presta bene a un teatro che rigetta ogni illusione naturalistica. La regia di Wolfgang Nägele costruisce un mondo sospeso tra un circo grottesco e un incubo infantile, in cui i personaggi appaiono più come figure, maschere, che come individui psicologicamente definiti, complici una articolata scenografia fatta di artificiosi teatrini coloratissimi di Thilo Ullrich e i gli abiti “plastificati” di Marlen Duken per tutti i protagonisti tranne Choregos che funge da sorta di deus ex machina nelle stralunate azioni criminali di Punch. Le quali azioni si susseguono con una successione quasi meccanica, senza cercare giustificazioni o attualizzazioni forzate: la violenza non viene commentata, ma esposta, reiterata, in un certo senso resa rituale. Ne risulta uno spettacolo visivamente coerente che non cerca di “spiegare” il lavoro di Birtwistle ma di illustrarlo semplicemente.
Sul piano musicale, la direzione di Alden Gatt alla testa della Frankfurter Opern- und Museumsorchester in formato cameristico (tranne per le generose percussioni) si impone per precisione e lucidità. La partitura, minuziosamente cesellata da Birtwistle, fatta di blocchi sonori, scarti improvvisi, incastri ritmici spietati, viene restituita con grande attenzione al dettaglio e con un controllo costante delle tensioni interne. Gatt evita ogni enfasi superflua e punta piuttosto alla chiarezza del disegno, facendo emergere la logica interna di una scrittura che vive di contrasti e frizioni più che di sviluppo lineare. Il risultato è un’esecuzione tesa, concentrata, che mantiene sempre alta la temperatura drammatica senza mai scivolare nel caos, che è davvero dietro l’angolo.
Fondamentale, in questo senso, è l’affiatamento del piccolo ensemble vocale dell’Oper Frankfurt impegnato nello spettacolo, che vede coinvolti Jarrett Porter e Cecelia Hall, nei ruoli di Punch e Judy, e Liviu Holender, onnipresente Choregos, oltre a Danae Kontora nel doppio ruolo di Pretty Polly e strega, Sven Hjörleifsson come avvocato, e Alfred Reiter come dottore. Se mancano le punte di eccellenza individuali (del resto il lavoro non si presta per nulla a virtuosismi vocali individuali) va senza dubbio segnalato il lavoro collettivo preso con grande serietà e la concentrazione costante nel restituire con esattezza la complessa macchina musicale di Birtwistle, che chiede soprattutto controllo, resistenza, senso del ritmo più che espressione lirica in senso tradizionale.
Se qualche perplessità Punch and Judy lascia al critico, non è così per il pubblico, accorso numeroso a tutte le sette recite in programma fino a fine anno al Bockenheimer Depot, che, come sempre, tributa generosi applausi a tutti gli interpreti.