Il Siegfried di Barenboim

Applausi a Berlino per il cast e il direttore, contestata la regia di Cassiers

Iréne Theorin (Brünnhilde), Lance Ryan (Siegfried): foto Monika Rittershaus
Iréne Theorin (Brünnhilde), Lance Ryan (Siegfried): foto Monika Rittershaus
Recensione
classica
Staatsoper Berlin Berlino
Richard Wagner
03 Ottobre 2012
Seconda giornata del "Ring" diretto da Daniel Barenboim per la regia di Guy Cassiers allo Schiller Theater (che ospita la Staatsoper inagibile per lavori), spettacolo che arriverà alla Scala il 23 ottobre. A Berlino la buca dell’orchestra è profonda, al punto che il direttore non è visible, e questo crea un’acustica straordinaria, mentre le voci arrivano in platea in modo diretto e forse troppo dure. Davvero strabiliante la Staatskapelle e l’intesa con Barenboim, ne risulta un Wagner trasparente, cesellato in ogni dettaglio che non copre mai i cantanti. I tempi scelti sono piuttosto lenti e quando è richiesto grande volume di suono la trasparenza e l’equilibrio non vengono mai meno. Da brivido l’attacco del secondo atto, la fermezza degli ottoni è magistrale. È raro poter ascoltare dal vivo un’esecuzione di Wagner a tale livello e di tale precisione. Ottima la prova di Lance Ryan nel ruolo del protagonista. Un Heldentenor, rarità in questi anni, canadese, prestante di fisico e chiaro di timbro, selvatico al punto giusto nei modi. Di altissimo livello Mime (Peter Brunder, anche caratterista d’eccezione dalla tonante voce chioccia) e Alberich (Johannes Martin Kranzle) dagli accenti drammatici. Come pure la Erda della avvenente Anna Larsson. Meno smaglianti sono apparsi il Wanderer di Juha Uusitalo e la Brunnhilde di Irene Theorin, comunque degnissimi. Sulla messa in scena valgono le considerazioni fatte per i due spettacoli precedenti visti alla Scala. Cassiers inventa scenografie con gradevoli proiezioni caleidoscopiche sul fondale (alla lunga distraenti), ma la sua regia lascia molto a desiderare. Non a caso alla fine dello spettacolo Cassiers è stato accolto da sentiti buu. Ancora ha inserito delle coreografie come nell’”Oro del Reno”, con buon effetto dei ballerini che agitano il telo con le scaglie del drago, poi però non lasciano più il campo, giocano con delle spade incrociandole a formare figure diverse, si trasformano in scranno dove va a sedere Siegfried, si raccolgono in gruppi agitando le braccia. Nel primo atto il pavimento coperto di cubi e gabbie di ferro s’inclina fino a diventare verticale, costringendo il povero Wanderer a equilibrismi complicati per non cadere di sotto. Brutti i tubi al neon che si accendono a un tratto, con uno usato come mantice della fucina. Mentre nel secondo atto il flauto costruito da Siegfried pare proprio una serpe che lui tenta di strozzare. Appiattito poi l’incanto dell’uccellino della foresta qui visibile nelle vesti di una fanciulla in lungo, come in lungo smisurato è Brunnhilde che si destregga sulla roccia nel finale a rischio di sconquasso. Ottima l’accoglienza al cast nel finale, raddoppiata per l’orchestra schierata sul palco insieme con Barenboim.

Interpreti: Lance Ryan

Regia: Guy Cassiers

Orchestra: Staatskapelle Berlin

Direttore: Daniel Barenboim

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