Il riverberare del mito di Dafne

La nuova opera da camera di Luigi Sammarchi per Bologna Festival

In alloro mutò il suo pianto – Il canto di Dafne sulle spoglie di Orfeo (Foto Roberto Serra)
In alloro mutò il suo pianto – Il canto di Dafne sulle spoglie di Orfeo (Foto Roberto Serra)
Recensione
classica
Oratorio di San Filippo Neri, Bologna
In alloro mutò il suo pianto – Il canto di Dafne sulle spoglie di Orfeo
15 Settembre 2021

 Dedicata, a un anno dalla scomparsa, al fondatore del Bologna Festival Mario Messinis, il 15 settembre per Bologna Festival viene eseguita in prima assoluta la nuova opera da camera di Luigi Sammarchi In alloro mutò il suo pianto – Il canto di Dafne sulle spoglie di Orfeo. È un prodotto artistico fatto di rifrazioni testuali (grazie alla penna di Guido Barbieri), narrative e musicali, che dalla mitologia greca riverberano fino agli esordi del genere “dramma per musica” e poi fino alla contemporaneità. È esplicita e dichiarata la rielaborazione dei testi di Rinuccini e della musica di Caccini, Frescobaldi e Sances, che dalla prima aria, quasi del tutto originale, si sfaldano con il progredire dei brani, sempre più sublimati elettronicamente, sempre più immersi nell’atonalità e nelle dissonanze. L’opera riprende stili, tecniche e forme del primo barocco, come la polifonia multidirezionale, che però non proviene da più cori dislocati nello spazio, ma dagli strumenti dell’Ex Novo Ensemble, dei cantanti solisti Barbara Zanichelli, Pamela Lucciarini, Roberto Abbondanza e dalle voci di attori-corifei (gli allievi della Scuola di Teatro “Alessandra Galante Garrone”) che si inseguono nella moltiplicazione del mixer digitale di Alvise Vidolin, e sono diffuse tramite amplificatori variamente dislocati. Sono proprio questi che suscitano allo spettatore sorprendenti effetti di disorientamento dati dalla non corrispondenza tra chi produce il suono (davanti o sopra lo spettatore) e l’amplificatore che lo diffonde nello spazio: è una fruizione sensoriale, fisica, che fa percepire, prima ancora dei suoni stessi, le loro vibrazioni. Il contesto dell’Oratorio di San Filippo Neri poi – barocchissimo edificio bolognese restaurato (dopo essere stato bombardato) in una coesistenza di nuovo e antico, ora cornice della serata – si determina come una scenografia naturale. Fulcro visivo è la scultura di carta bianca e luminosa One true treedi L’orMa che campeggia in una nicchia rimasta altrimenti orfana dell’originale, valorizzata, insieme alla suggestiva architettura del luogo, dalle luci di Angelo Generali.

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