Il Premio GAMO a Solbiati
A Firenze premio e concerto
07 dicembre 2025 • 5 minuti di lettura
Firenze, M A D (Murate Art District)
Concerto Solbiati
30/11/2025 - 30/11/2025Il Gruppo Aperto Musica Oggi (GAMO) di Firenze per la stagione concertistica 2025 - 46° anno - ha reso omaggio con il tradizionale premio alla carriera al compositore Alessandro Solbiati, autore fra i più noti e celebrati del panorama contemporaneo, non solo italiano. Il grande pubblico lo conoscerà certo per le sue “Lezioni di musica” sul terzo canale di Radio Rai, dove, a erudizione e competenza, Solbiati unisce una sana passione per la divulgazione. Dopo aver insegnato infatti per quarant’anni in Conservatorio, attualmente tiene i corsi di Perfezionamento dell’Accademica di S. Cecilia a Roma. Il programma impaginava una retrospettiva di brani cameristici scelti fra i più rappresentativi del suo percorso compositivo.
Quattro pezzi per pianoforte e percussioni (1999): rubiamo dapprima le parole all’autore stesso, che confessa un’attrazione profonda per le percussioni, attribuendo al tactus, alla pulsazione primigenia del cuore, l’espressione sonora più diretta ed ancestrale dell’essere umano, insieme alla voce. Le percussioni sono «uno, nessuno, centomila, perché possono essere oscure e inarmoniche quanto cristalline e risonanti». Da qui Solbiati immagina un simbolico percorso in quattro fasi dal buio alla luce, allestendo un ampio e variato set di percussioni disposto a semicerchio attorno al pianoforte.L’inizio è tellurico, ctonio - “Con profonda inquietudine” l’esergo - affidato alle pelli, il pianoforte scende con cluster nel grave a sintonizzarsi con i tremoli di grancassa per poi sfarinarli in arpeggi evanescenti, finché i tom partono con un ostinato incalzante mentre il pianoforte danza in volate velocissime; questo dialogo darà vita in poche pagine a una ragnatela polifonica che calma l’entropia iniziale in una sorta di abbraccio. Una volta conosciutisi, i due strumenti-personaggi possono anche giocare, ecco allora uno scherzo, con marimba e wood-block in pas-de-deux con la tastiera: un ostinato di pieni e vuoti, puro artigianato miniaturistico, per poi tornare ciascuno nelle proprie regioni espressive.
Il terzo movimento è un tema con variazioni, appare il metallo del vibrafono a risuonare arioso, per approdare nel quarto ad una sorta di unico strumento formato da pianoforte e vibrafono cui si aggiungono risonanze aeree (piatti sospesi, carillon di crotali) che raggiungono la luminosità timbrica cercata dall’autore. Il brano, molto impegnativo, vedeva gli eccellenti Gaston Polle Ansaldi al pianoforte e Angelo Maggi alle percussioni interpreti attenti e coinvolgenti.
Seguiva Guernica (2015), il più recente dei brani presentati, commissione di un quartetto per l’inaugurazione di una mostra sui disegni preparatori
della grande opera monocroma di Picasso. «Studiando l’impressionante dipinto del pittore spagnolo - ancora Solbiati che parla - mi accorsi che sotto quell’apparente tragica “confusione”, vi era in realtà una precisa struttura: sei personaggi, due donne, due uomini e due animali, ed in ogni coppia l’uno ha un atteggiamento “drammatico” e l’altro ben più “tragico”, e all’osservatore sembra di essere attratto all’interno di uno spaventoso vortice». Da qui sei situazioni musicali motiviche, o iconiche, immediatamente riconoscibili, variate e permutate in modo sempre più conciso in una spirale che risucchia, mentre i due elementi di luce presenti nel quadro, una fiaccola e una lampadina accesa, dànno al compositore l’idea di un bagliore di speranza, tradotto in un lontano e dolce colpo ricorrente di campana tibetana, ad annunciare un possibile cambio di clima: la speranza di un possibile superamento della barbarie, tema più che mai odierno, purtroppo. Particolarmente efficace e impressionante ci è parsa la zona concitata che precede il finale “Corale di luce”, con rapidissimi scivolamenti sugli armonici degli archi e il flauto nel registro acutissimo; momento di drammatica dinamicità, ci ha fatto pensare, in tutt’altro contesto, allo Star Spangled Banner di Jimi Hendrix; senza l’elemento di sarcasmo politico, ne possedeva tutta l’energia espressiva.
Quindi l’estratto dalla Winterreise, cinque dei dodici Lieder per violino e viola trascritti, ma sarebbe meglio dire trasfigurati. Gefror’ne Thränen, Wasserflut, Einsamkeit, Im Dorfe, Der Wegweiser i cinque numeri. Solbiati ama confrontarsi con la grande tradizione e confessa per il ciclo schubertiano un amore profondo, ma questo confronto non è affatto banale e come suo costume si traduce in una sfida a trasformare le note del compositore viennese in qualcos’altro: un tessuto di chiasmi melodico-armonici fra i due archi, l’appoggio frequente sulle corde gravi a simulare «una tridimensionalità di registro che di fatto non c’è… in fondo, l’attitudine scultorea del bassorilievo». Operazione concettuale, diremmo; all’ascolto, una sorta di anamorfosi del capolavoro di Franz Schubert.
Infine Mi lirica sombra (1993), per clarinetto basso e sette strumenti, in una versione del 2015 con il sax baritono solista, strumento che ben eredita le potenzialità tecnico-espressive del clarinetto basso. Il titolo viene da un verso di Garcia Lorca dai Tres retratos con sombra (Tre ritratti con ombra) dal primo: Baco (Bacco) «… Verde mormorio, intatto. / Il fico mi tende le sue braccia / La sua ombra, come una pantera, / è in agguato della mia ombra lirica…». È un paesaggio dionisiaco, dove la natura è viva, sensuale, animalesca. Il fico che tende le braccia e la sua ombra-pantera sono immagini dionisiache, in cui la natura sembra animata, l’ombra diventa predatoria, la sensualità si mescola al pericolo, il poeta sente minacciata la propria “ombra lirica”, forse la sua identità creativa. Emozioni alte e profonde che proiettano Solbiati, attraverso una scrittura di densa intensità, in regioni espressive che lo porteranno ad occuparsi in pochi anni di teatro musicale. Il sax baritono incarna questa presenza-ombra orientando tutta la scrittura e l’impianto formale del brano, dal suono-rumore di soffi e rumori di chiave, attraverso un percorso dal buio alla luce; il mormorio vibrante affidato agli altri strumenti, man mano più tematico e in dialogo stretto, estrae e amplifica le pulsioni del baritono, portandolo a conquistare quello che l’autore stesso chiama «urlo melodico», l’Urschrei tanto caro a Schoenberg; come in Guernica, l’anelito alla luce si rivela come una costante dell’identità espressiva dell’autore.
L’esecuzione era condotta con mano esperta da Francesco Gesualdi, gli interpreti che non abbiamo citato, eccellenti: Sara Minelli, flauto, Marco Facchini, violino, Eleonora Podestà, violino, Matilde Giorgis, viola, Elide Sulsenti, violoncello, e il formidabile Michele Bianchini al sax baritono. Il premio è stato ricevuto da Alessandro Solbiati con una simpatia molto umana e un filo ritrosa, comunicando al pubblico la personale speranza di meritarsi gli elogi tributatigli, ma confessando che ‘carriera’ gli evoca i red carpet da cui vorrebbe prendere le distanze, per definirsi un appassionato artigiano della musica. Come non apprezzarlo? Caloroso successo del pubblico fiorentino.