Il pinguino postmoderno

Il tributo di Arthur Jeffes alla Penguin Cafe Orchestra del padre Simon

Foto di Andrea Mariniello
Foto di Andrea Mariniello
Recensione
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MITO Settembre Musica Milano
20 Settembre 2009
C'è un termine ormai abusato di questi tempi che potrebbe dare una chiave di lettura, ed è "postmoderno". Tanto era postmoderno il collage della Penguin Cafe Orchestra paterna, quanto è oggi postmoderno lo stile dell'ensemble messo in piedi da suo figlio Arthur Jeffes. Il risultato vive però di due spiriti molto diversi. I giovani nove allestiti da Jeffes jr., con Cass Browne (di stanza nei Gorillaz di Damon Albarn) alle percussioni e Neil Codling degli Suede al cuatro e alle tastiere, difettano totalmente di quella dedizione, quel rigore esecutivo che costringe i singoli musicisti ad annullarsi nel progetto. La musica della PCO originaria sommava "postmodernamente" musiche del mondo, lovely music, minimalismo, ambient, rendendole un corpus unitario grazie alla semplicità contrappuntistica, alla reiterazione compatta di moduli, alla fusione tra i timbri degli strumenti; il risultato era un suono ieratico seppur giocoso, e fuori dal tempo quindi immortale. Nella piccola orchestra di Arthur ogni singolo musicista si diverte molto a personalizzare con il proprio background composizioni in stile o reinterpretare classici del repertorio pinguino ("Music for a found harmonium", "In the back of a taxi", "Telephone and rubber band"), ma senza la tensione adeguata per compattare il prodotto finale, che suona sì postmoderno, ma "qui-e-ora". L'ensemble raggiunge quell'atmosfera quando si chiudono i paracadute orchestrali: brani per tre cuatro o per cuatro e chitarra evocano sul palco il passato di riferimento, regalando un mood più raccolto alla serata. Il divertimento dell'orchestra sul palco è evidente, e quello del pubblico di conseguenza, e questo è un bene. Ma forse artisticamente, vista la disparità di livello, sarebbe bene cercare una via più autonoma, seppur meno gratificante.

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