Il folle Matrimonio segreto alla Scala
Milano: troppe gags nella regia di Irina Brook
Dopo la pausa estiva Il matrimonio segreto di Cimarosa, affidato agli allievi dell'Accademia della Scala, ha portato una ventata di allegria in teatro. Ben sostenuta da Ottavio Dantone sul podio che ha avuto un assoluto controllo dei giovani strumentisti e mantenuto per tutto lo spettacolo una gioiosa tensione, anche per la grande attenzione alle sonorità originarie. Nel cast un outsider, Pietro Spagnoli, baritono di lunga esperienza nei panni di Geronimo; tutti gli altri, ragazzi del primo anno dell'Accademia, hanno sorpreso per sicurezza di voce e disinvoltura in scena. In prima linea Greta Doveri (Carolina) e Paolo Antonio Nevi (Paolino) che hanno anche affrontato lunghi intermezzi muti nei quali litigare e fare all'amore. Spiritosissima la Fidalma impersonata da Mara Gaudenzi, pronta sfoggiare spudorate arti di seduzione; mentre Francesca Pia Vitale, una bravissima Elisetta, è stata purtroppo costretta dalla regia a una gestualità sgangherata che la riduce a un'ovvia marionetta. Sung-Hwan Damien Park (conte Robinson) ha dato prova di generosa vocalità, ma di una sillabazione non sempre comprensibile. Tutti agli ordini della regista Irina Brook, che si è valsa delle scene e dei costumi di Patrick Kinmonth.
Già durante la sinfonia s'è capito quale folle sarabanda sarebbe andata in scena, la regista ne ha approfittato per creare dei siparietti per tratteggiare i caratteri dei personaggi; in primo luogo il povero Geronimo alle prese con gli squilibri ormonali delle donne di casa. Il capo famiglia sa però anche minacciare con pistola in pugno il futuro genero poco incline al matrimonio e avvalersi dei valletti di scena come sicari mafiosi. Il limite della regia alla lunga risulta l'eccessivo affollarsi di gag, di controscene, che finiscono per allentare il sense of humor della trama invece di favorirlo. Il matrimonio segreto è una sorta di distillato dell'opera buffa, ma con un congegno molto fragile. E le tante aggiunte inventate da Irina Brook, come le allusioni al gender fluid per strappare risate in sala (prontamente arrivate) oppure gli insistiti passi di danza di tutti gli interpreti per colmare i vuoti dell'azione finiscono per diventare elementi di disturbo. Quando invece la regia si concentra sulla recitazione tutto fila che è una meraviglia, come per esempio il duetto di Carolina e Paolino all'inizio del secondo atto e il successivo intervento seduttivo di Fidalma. Un momento di teatro lirico buffo da manuale.
PS Spiace constatare che gran parte dei display sugli schienali delle poltrone di fronte non consentono di consultare il libretto perché il meccanismo è inceppato da mesi. C'è da augurarsi che venga riparato almeno per La Tempesta di Adès.
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