Il Bach di Schiff incanta Berlino

Il pianista ha eseguito il libro secondo del Wohltemperierte Klavier 

Andras Schiff (Foto Peter Adamik)
Andras Schiff (Foto Peter Adamik)
Recensione
classica
Berlin, Pierre Boulez Saal
Andras Schiff
03 Febbraio 2020 - 06 Febbraio 2020

Sir András Schiff completa quest’anno, col Libro secondo, l’esecuzione berlinese dell’intero Wohltemperierte Klavier (il primo libro è stato proposto nel 2018), nel bel contesto della Pierre-Boulez Saal: uno spazio concepito per la musica da camera, nelle cui linee architettoniche Frank Gehry ha ‘nascosto’ curvature asimmetriche non sempre immediatamente riconoscibili. Uno spazio quanto mai adatto, dunque, anche al pensiero musicale bachiano, del quale – nel caso del secondo libro del Wohltemperierte Klavier – Schiff dà una notevole lettura interpretativa, enfatizzando del ciclo la qualità di un ‘tutto’ estremamente organico, pur se articolato da infinite sfumature al suo interno. Il riferimento è la struttura geometrica delle Variazioni Goldberg: la pausa scelta da Schiff per spezzare in due tempi la sequenza dei brani coincide – alla metà del ciclo – proprio con un preludio (in Fa diesis maggiore) che presenta una figuralità allusiva ai ritmi puntati da ouverture, mentre poco avanti (Preludio in sol min.) compare un’ouverture alla francese in piena regola. Certo, rispetto alla progressione spiraliforme delle Goldberg, l’impianto è qui più orizzontale, una sorta di mappa ricchissima di sfumature, che Schiff percorre con sicurezza e profondità di pensiero musicale, in base al principio di combinazione unità-varietà: anzitutto lasciando emergere un contrasto sistematico – ma ogni volta differente – di carattere agogico-espressivo tra preludio e fuga, e poi unificando esprit de finesse ed esprit de géometriein modo che non si localizzino nelle sedi scontate (rispettivamente il preludio e la fuga), ma si distribuiscano variamente; già alcune fughe del II libro sono particolarmente libere-figurali (ad es. quella in Do diesis maggiore; che nei preludi ci siano zone ‘osservate’, è scontato notarlo…), ma Schiff non vi rinuncia a fraseggi discorsivi, a emersioni contrappuntistiche in legato, che percorrono e animano continuamente il tessuto dei preludi, modulandone duttilmente il fraseggio. Il tutto, in un flusso plastico e insieme rigoroso, nitido e pesato in tutti dettagli e insieme flessibile, che non ha subito alcun cedimento significativo, neppure di memoria: è noto quanto la musica di Bach sia insidiosissima in tal senso, per la densità e la tramatura continua, ma ormai Schiff la padroneggia in tutte le sue dimensioni – l’orizzontalità a strati e le diagonalità del contrappunto, le verticalità cadenzali e i relativi snodi della forma – da condurre quel flusso (e gli ascoltatori al suo interno) in modo a dir poco magistrale.

Sala con pochissimi posti vuoi, ma soprattutto osannante: tutti in piedi, alla fine, ad applaudire lungamente Schiff per la superba esecuzione, prima della quale il musicista ha voluto rivolgere un ricordo personale a due grandi amici e colleghi recentemente scomparsi – Peter Schreier e Peter Serkin – a lui legati proprio attraverso la musica di Bach.

 

 

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