I due mondi di Norma

Nuovo allestimento dell’opera di Bellini al Teatro di Pisa

Norma (Foto Studio Pixel)
Norma (Foto Studio Pixel)
Recensione
classica
Teatro di Pisa
Norma
29 Ottobre 2022 - 30 Ottobre 2022

Sul palcoscenico del Teatro di Pisa va in scena Norma, nel nuovo allestimento dello stesso Teatro di Pisa e Circuito OperaLombardia; due recite il 29 e 30 ottobre 2022. Un titolo di richiamo che, nonostante la rara presenza nei cartelloni italiani, non fa registrare il tutto esaurito al Verdi: fatto desueto per il teatro pisano. Eppure si tratta di uno spettacolo ampiamente rodato, avendo già calcato le scene dei teatri lombardi e le cui eco giungono lusinghiere. Si rivela interessante la regia di Elena Barbalich, ben assecondata nelle scene e costumi a firma Tommaso Lagattolla, integrate da un attento ed efficace disegno luci di Marco Giusti.

Barbalich, con pochi e significativi tratti di penna, mette in risalto la bivalenza dell’opera belliniana, inquadrandola come un punto di transizione: sia dal periodo classico a quello romantico, sia nella decadente trasformazione dei romani dominatori. Queste idee emergono nelle scene dove della dominazione romana rimane solo una traccia di una gloriosa epoca ormai in agonia, in contrasto con gli spazi, delimitati da cerchi luminosi semoventi le cui superfici richiamano il mondo dei druidi. L’impiego geometrico dei cerchi rimanda anche a un significato esoterico dove, per antonomasia, l’interno del cerchio è la protezione dalle negatività esterne. Tale simbologia è coadiuvata dall’alternanza contrastata da un gioco luci/ombre, a evidenziare il tramonto di un’epoca e l’alba in cui ne nascerà una nuova.

Pure la foggia dei costumi ‘double face’ è in sintonia con l’idea registica, cuciti per metà in stile moderno e l’altra metà in quello d’epoca della vicenda. Anche i pochi oggetti in scena simboleggiano quei momenti di transizione; assai significativi i giocattoli dei figli di Norma: un cavallino e un pallone. Un ottimo risultato complessivo, basato su una regia sobria, scorrevole, che non inficia la naturalezza del libretto; anzi, ne coglie il duplice aspetto storico.

Martina Gresia è Norma. Il giovane soprano ha le carte in regola per affrontare tecnicamente il temibile ruolo. Il timbro è gradevole, tendente al brunito, l’intensità è buona (la voce ‘corre’), l’emissione corretta. Gresia sa ben gestire le mezzevoci, i filati e le messe di voce; il colore si mantiene omogeneo per l’intera estensione; qualche difficoltà (trascurabile, ma migliorabile) si avverte nelle colorature. Quel che manca al giovane soprano è la completa maturazione musicale del personaggio: la cangiante morbidezza dell’espressività richiesta nei momenti clou (“Teneri figli” – “Ah! Perché la mia costanza” – “In mia man alfin tu sei”) è pressoché assente: Gresia canta con distacco (seppur tecnicamente bene) quei frangenti, dove invece dovrebbe emergere la poliedricità umana e materna di Norma. Comunque, Gresia riesce a condurre bene a termine il proprio impervio compito, accattivandosi i pieni favori del pubblico.

Pure corretta Veta Pilipenko come Adalgisa. Del mezzosoprano si apprezza la padronanza vocale e la sintonia nel duettare con Norma. Anche Pilipenko ha un timbro interessante e mantiene omogeneità nel colore per tutta l’estensione; inoltre, ha duttilità nel fraseggio.

Antonio Corianò (Pollione) sembra intimidito dal ruolo: l’intensità non supera l’orchestra e l’emissione tende ‘indietro’ quando il tenore canta sul proscenio, il fraseggio è precario e un po’ stentato; quando sale in acuto spinge e il suono si stimbra creando impaccio soprattutto nelle cabalette.

Di buon decoro Alessandro Spina (Oroveso), Raffaele Feo (Flavio) e Benedetta Mazzetto (Clotilde).

Alessandro Bonato legge la partitura senza che si avverta una particolare concertazione; la bacchetta alterna tempi eccessivamente lenti (“Casta diva”) ad altri arditamente veloci (“Guerra, guerra!”), solo per citare alcuni esempi. Pur mentendo sintonia tra buca e palco, la lettura globale risulta più incline all’esaltazione delle dinamiche in buca (dove l’Orchestra dei Pomeriggi Musicali emette sonorità farraginose), che a una cura dell’agogica concertata con stile personale.

Il Coro OperaLombardia, curato da Massimo Fiocchi Malaspina, presenta difficoltà di omofonia negli assiemi.

Successo completo per tutti, anche a scena aperta.

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