I burattini di Don Alfonso

La regia e la scenografia estremamente sobrie fanno risaltare la vera faccia del "Così fan tutte": non un dramma giocoso ma un sottile studio psicologico. Il cast ha offerto prove disuguali, buona l'orchestra.

Recensione
classica
Gran Teatro La Fenice Venezia
Wolfgang Amadeus Mozart
24 Gennaio 2002
Una messinscena così non può che far concentrare l'attenzione solo sul dramma nella sua sostanza più vera: le parole e la musica. Regia e scenografia hanno, infatti, sapientemente obbedito alle richieste di un'opera come il "Così fan tutte": ambientazione napoletana, anche se in un'isola immaginaria, marine, verdi giardini, tutto dipinto per interpretare nella maniera più semplice "all'italiana" lo spazio ridotto, costumi sobriamente settecenteschi; unico commento: una cornice di ruderi neoclassici, nella più autentica tradizione del capriccio, per simulare un sito archeologico. La regia, quindi, ha risposto fedelmente alle sollecitazioni di Mozart/Da Ponte, soprattutto per quanto riguarda la figura di Don Alfonso: il motore del dramma nel dramma, il solo vestito di nero, osserva da lontano, a distanza, il gioco, dirige i movimenti, sbircia dalla porta socchiusa per controllare l'esito della sua macchinazione. Si diceva, così interpretato il capolavoro mozartiano emerge nella sua vera faccia, non un dramma giocoso, ma un sottile studio psicologico che ci restituisce un uomo che vive una vita/teatro tenacemente attaccato ad un ruolo, inconsapevolmente prigioniero di un'idea di sé irreale: sono incoscienti Ferrando e Guglielmo nel sopravvalutare la loro fortuna in amore, e, indirettamente la loro virilità; incoscienti sono anche le fidanzate nel considerarsi innamorate fedeli. E tutti i colori di questa vita/teatro si ritrovano riprodotti in musica: genere comico, serio, larmoyant, sacro, i vari stili sono così coinvolgenti che anche il pubblico rischia di perdere coscienza del gioco se non fosse per la puntuale apparizione dell'elemento straniante, Don Alfonso, il burattinaio che tira i fili di quei pupazzi.Teatralmente estremamente convincenti, i cantanti hanno offerto prove disuguali dal punto di vista musicale: molto buona l'interpretazione del basso Michele Pertusi (Don Alfonso), accettabili Laura Polverelli (Dorabella) e Markus Werba (Guglielmo); piuttosto deboli, invece, il tenore Justin Lavander (Ferrando), affaticato, in possesso di un timbro poco brillane, e Eteri Gvazava: il ruolo di Fiordiligi avrebbe richiesto, forse, un soprano più spigliato, agile e sicuro; molto coinvolgente, in fine, la Despina di Gabriella Costa. Anche la prova dell'orchestra ha contribuito alla riuscita della serata, il teatro era al gran completo.

Note: nuovo all.

Interpreti: Gvazava, Polverelli, Costa, Werba, Lavander, Pertusi

Regia: Ezio Toffolutti

Scene: Ezio Toffolutti

Costumi: Ezio Toffolutti

Orchestra: Orchestra del Teatro La Fenice

Direttore: Leopold Hager

Coro: Coro del Teatro La Fenice

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