Grande interesse per la rinascita di Hulda

L’opera di César Franck in Belgio e a Parigi

Hulda
Hulda
Recensione
classica
Théâtre des Champs-Élysées Parigi
01 Giugno 2022

La partitura  di Hulda è ricca, mostra chiaramente come César Franck stesse cercando la sua via nel teatro musicale, tra tardo romantico Grand Opéra e influssi wagneriani. Un lavoro di composizione lungo, come si sa, durato anni, e la cui prima rappresentazione, parziale, avvenne solo dopo la morte del compositore e comunque, poi, solo in qualche altra rara occasione.  La sua riproposizione quindi, anche se solo in forma di concerto, ha suscitato un grande interesse, prima in Belgio e poi a Parigi, L’iniziativa è stata dell’Orchestre Philharmonique Royal de Liège, per festeggiare il bicentenario della nascita di César Franck avvenuta, appunto, a  Liegi il 10 dicembre 1822 , e poi il compositore diverrà francese d’adozione. Un evento creato in collaborazione con l’Opéra Royal de Wallonie – Liège e in coproduzione con il Palazzetto Bru Zane di Venezia che l’ha scelto, dopo due esecuzioni in Belgio a Liegi e Namur,  come titolo d’apertura del suo Festival al Théâtre des Champs-Élysées. Un’occasione più unica che rara di ascoltare il Franck operista, che ha scritto solo quattro opere e Hulda è considerata proprio la sua più importante anche se da molti non apprezzata, in primo luogo a causa anche del libretto che riprende una storia medievale norvegese che gronda sangue e sete di vendetta e da molti giudicato prolisso e lento. Si è scelto di non fare tagli e l’avere proposto l’opera in forma di concerto non ha certo aiutato a dissipare l’effettiva sensazione di eccessiva prolissità di alcune parti, sopratutto nel terzo atto dove è previsto un lungo balletto. Ma il maestro ungherese Gergely Madaras, direttore musicale dell’OPRL, dopo un avvio con meno sfumature, è riuscito a trovare i ritmi e i colori giusti per pagine che celebrano, in un rapido alternarsi di situazioni e stati d’animo, da una parte la serenità della natura e dell’amore e dall’altra che annunciano con energia guerre e stragi. Così è rinata Hulda, ruolo interpretato in modo magnifico dall’americana Jennifer Holloway, soprano che ha iniziato la carriera da mezzo, voce possente dal timbro brunito, acuti ben proiettati, tessitura centrale sonora, che ha  dato un’interpretazione davvero credibile, intensa, impetuosa e coinvolgente della giovane nobile islandese rapita dai vichinghi dopo avergli hanno massacrato la famiglia, che si innamora, riamata, per poi essere rifiutata e a cui non resta altra ragione di vita che la vedetta su tutti. Con al suo fianco il bravo tenore lituano Edgaras Montvidas, nel ruolo dell’amato Eiolf, regala alcune della pagine più belle, quel duetto d’amore che tanto ricorda le atmosfere di Tristano ed Isotta. Meno adatto al ruolo, anche se dalla bella voce, il baritono Matthieu Lécroart nella parte di Gudleik che vuole sposare Hulda ma morirà in duello con Eiolf.  Ed anche il mezzo Marie Gautrot ha una voce dal colore troppo giovane e chiaro per bene rendere il personaggio della madre di Hulda. Ottima, invece, per la parte di Gudrun, il soprano francese Véronique Gens, ed i generale bravi tutti gli altri interpreti dei tanti ruoli importanti di contorno. Da citare anche gli interventi del Chœur de Chambre de Namur che ben ha saputo rendere il sentimento collettivo in diverse pagine suggestive. L’opera Hulda sorprende, infine, anche per la cura di Franck dell’orchestrazione spesso risolta con soluzioni innovative che annunciano il Novecento, tanto da far pensare che meriterebbe davvero un ulteriore approfondimento e un allestimento completo, non solo in forma di concerto, per apprezzarla al meglio.

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