Giddens-Turrisi, una serata tra amici
Doppio concerto per la coppia Rhiannon Giddens e Francesco Turrisi, che tornano al FolkClub Torino dopo il successo dell'anno scorso
È sempre un piacere vedere il FolkClub tutto pieno, con la gente in piedi; lo è in special modo perché il ritorno di Rhiannon Giddens, in coppia con Francesco Turrisi, è una scommessa vinta dalla direzione artistica del locale torinese.
Rhiannon Giddens era stata in via Perrone già l’anno scorso, e nell’ultimo anno la sua carriera sembra essere definitivamente decollata anche a livello internazionale, grazie al fantastico progetto Songs of Our Native Daughters e al bel disco There Is No Other, con lo stesso Turrisi. Nel 2019 era stata l’unica data italiana, ed è così anche quest’anno, con un doppio concerto – venerdì e sabato – andato completamente sold out, e con un pubblico internazionale (da Finlandia, Inghilterra, persino Corea) che è strano incontrare al FolkClub. Che ha fatto un’eccezione: di norma, non si replicano concerti da un anno all’altro.
Ma certo è che uno dei punti di forza del FolkClub è da sempre la capacità di fidelizzare oltre al pubblico anche gli artisti, offrendo uno spazio “speciale” per esibirsi, senza filtri e con una prossimità con il pubblico che non è per tutti.
Non è per tutti, ma certo invece si addice a Giddens e Turrisi, che nel loro set (io ho assistito alla seconda serata) sperimentano e si permettono una scaletta a dir poco eterogenea, che sfila tra i brani “classici” del repertorio della cantante, banjoista e violinista (in cui vi sono, come ricorda lei stessa, «plenty of very sad song», soprattutto sul tema della schiavitù) e riproposte-reinvenzioni da music hall anni Venti (“You Put the Sugar in My Bowl”), dal “Dido’s Lament” di Purcell alla “Pizzica di San Vito”, da Monteverdi (“Sì dolce ‘l tormento”) a “Wayfaring Stranger” alla musica irlandese, per chiudere con Sister Rosetta Tharpe e la Mina di “E se domani”.
Che, detto così, sembra un pastone difficile da frullare, ma che invece sta perfettamente su, e la differenza – manco a dirlo – la fanno la classe degli interpreti. Rhiannon Giddens ha studiato canto lirico, ha frequentato la musica irish (i due vivono in Irlanda) e imparato il fiddle da vecchi maestri afroamericani. Turrisi pure viene da esperienze eterogenee, ed è spalla perfetta, tra tamburelli assortiti di varia provenienza, pianoforte e fisarmonica – quest’ultima suonata con pronuncia dolcissima e molto originale, cercando contrappunti con il violino che fanno intuire un approccio “colto” allo strumento, molto pensato.
E la fa anche, è bene ricordarselo, il contesto del FolkClub: non sono certo che lo stesso set avrebbe funzionato altrettanto bene in un teatro, o su un disco. Ma se si suona “tra amici” – questa è l’impressione qui, quasi sempre – ci si può permettere questo e altro.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
Corde da Marocco e Iran per gli ultimi appuntamenti dell’edizione 2023
Dal mito all’elettronica, al Percussions Festival di Losanna il ritmo ha il volto nascosto
Chiude RomaEuropa nel segno della musica del continente africano: Ballaké Sissoko, Fatoumata Diawara e Bombino