Europa e Asia insieme a Genova

Reportage dal Festival musicale del Mediterraneo di Genova, quest'anno nel segno dell'EurAsia

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Festival Musicale del Mediterraneo 2019: EurAsia
31 Agosto 2019 - 30 Settembre 2019

Si avvia a festeggiare un piccolo record di longevità il Festival musicale del Mediterraneo di Genova curato dall’associazione Echo Art, con la direzione artistica di Davide Ferrari, musicista, musicoterapista, animatore di decine di iniziative multiculturali negli ultimi trentacinque anni.

Il Festival quest’anno è approdato al ventottesimo appuntamento, e la serie di date 2019 rientravano nell’ambiziosa triennalità iniziata lo scorso anno con EurAfrica, proseguita ora con EurAsia, e che avrà una conclusione a settembre 2020 con EurAmeriche. Il tutto nell’ambito di Performing +, progetto per il Triennio 2018- 2010 lanciato dalla Compagnia di San Paolo e dalla Fondazione Piemonte dal vivo, che aiutano soggetti no profit operanti nello spettacolo dal vivo sull’asse geografico Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta.

Si arriverà così all’edizione del trentennale, e a quel punto, ha più volte dichiarato Ferrari, saranno le risorse economiche, la risposta del pubblico, il bisogno diffuso di difendere e rilanciare un festival importante le questioni in campo con il sempre più affascinante ma difficile mondo della world music in concerto. Una bella via, comunque, è la collaborazione fattiva tra soggetti che hanno diverse competenze artistiche e culturali: quest’anno ad esempio accanto a Echo Art operavano tra gli altri il Celso, Istituto di studi orientali e l’associazione Amici di Paganini. 

EurAsia s’è dipanato su una impegnativa ventina di appuntamenti, con molte prime nazionali ed europee. I concerti sono importanti per il Festival del Mediterraneo, e daremo conto di alcuni tratti più significativi, ma è anche il caso di ricordare che accanto allo spettacolo ci sono state molte sezioni di incontri tra artisti e pubblico, e una serie di workshop intitolata Womus, World Music School, pratiche e teorie delle musiche dei popoli. Ne segnaliamo in particolare due: quello sulla voce sciamanica femmimile tenuto da Sainkho Namtchylak, e quello di Tran Quang Hai (che fu maestro di Demetrio Stratos!) su strumenti e repertori del Vietnam e sul canto armonico.

Rientrava in un certo senso nello spirito dei laboratori “aperti” anche l’affascinante performance del multistrumentista Friedrich Glorian con gong, tamburi e idiofoni vari disposti a semicerchio, nella festa inaugurale al Castello d’Albertis lo scorso 31 agosto. Una prima “storica” c’è stata il 3 settembre al Palazzo Ducale, quando l’affascinante Sema Ensemble di dervisci Galata Mevlevi turchi diretti da Al Sheikh Nail Kesova ha incontrato i ballerini di Deos Danza guidati da Giovanni De Cicco, già protagonista di un primo incontro nell’ormai lontano 1997: ma questa era la prima volta che a esibirsi c’erano anche danzatrici. Bel segno in controtendenza. 

Non è facile assistere a concerti di ensemble strumentali e vocali nepalesi, e il Festival ha offerto una prima nazionale con i Night da Katmandu, musica gentile e sognante retta da un quartetto con cordofoni antichi, tamburi, e le incredibili prove virtuosistiche di un musicista che suonava una foglia. Sainkho Namtchylak, voce “estrema” sia in ambito etnico, sia nei percorsi avant-garde, ha accettato, con qualche perplessità, la sfida di lavorare con una coppia di chitarristi: uno era il giapponese Kazuhisa Uchihashi, l’altro il jazzista genovese Marco Tindiglia, animatore del Gezmataz festival. Esperimento riuscito.

Prima nazionale anche per l’incontro tra percussionisti di diverse aree dell’India con dolki a doppia membrana, l’imponente mizhavu in rame dai templi di Kerala, e lo strumento più conosciuto in occidente, le tabla. Doveva essere un quartetto, ma un visto non concesso ha ridotto a trio la formazione, comunque impressionante. Ciò che fanno in potenza i percussionisti indiani lo fanno in finezza Sogol Mirzarei al tar e Saghar Khadem al tombak: liuto e percussioni quasi “melodiche” per un duo femminile iraniano, Ensemble Chakam, che pratica il radif con magnifica padronanza dell'improvvisazione. Luci e ombre sull’incontro tra la virtuosa violinista Jyotsna Srikanth e il Quartetto Perosi su Paganini e brani della tradizione classica indiana: meglio gli interventi del Quartetto sui brani della violinista indiana, più provati, che le decorative entrate cromatiche della virtuosa su composizioni del genio “diabolico” ligure. 

Altra prima nazionale con l’armeno Vardan Hovanissian, al dolcissimo oboe popolare duduk, e lo specialista di saz e baglama Emre Gültekin, turco: un evidente incontro di conciliazione per una ferita storica ancora sanguinante. Un’ultima segnalazione per Balkanes, quartetto bulgaro (a Genova in trio) dall’incredibile presenza scenica, a servizio della classica, sapiente maestria vocale che incantò l’occidente tanti anni fa: racconti popolari, canti di devozione che molto devono alla tradizione bizantina, un volo di armonici incantante.

Eurasia s’é chiuso con un omaggio a Pina Bausch nel decennale dalla scomparsa da parte di Tadashi Endo, danzatore butoh: Europa e Asia, davvero, assieme.

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