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Scala: teatro nel teatro per Verdi secondo Sven-Eric Bechtolf

Ernani
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Recensione
classica
Teatro alla Scala, Milano
Ernani
29 Settembre 2018 - 25 Ottobre 2018

Erano trentasei anni che Ernani mancava alla Scala (l'ultima edizione fu diretta da Muti per la regia di Ronconi nel 1982) e ora riappare nel percorso di rivisitazione del Verdi giovanile (prossima tappa Attila il 7 dicembre diretta da Chailly, poi I masnadieri a giugno diretta da Mariotti). Sul podio è Ádám Fischer che dà di Ernani una lettura tersa, sempre attenta alla tensione drammaturgica, senza timore di lasciar affiorare anche i momenti ruspanti della partitura. Un dovuto omaggio al compositore che negli "anni di galera" aveva come primo scopo la concisione al servizio delle passioni estreme. L'orchestra accoglie alla lettera ogni intenzione, come pure l'ottimo coro diretto dal maestro Casoni. Il buon esito musicale lo si deve anche all'ottimo cast, soprattutto alle tre voci maschili di rango: Francesco Meli (Ernani), Luca Salsi (Carlo) e Ildar Abdrazakov (Silva). Raro ascoltare un terzetto di tale livello. A cui si aggiunge Ailyn Pérez, talvolta non all'altezza del ruolo di Elvira, che richiederebbe maggiore duttilità.

Più problematica la regia firmata da Sven-Eric Bechtolf, che ha creato una situazione di opera nell'opera, mostrando talvolta il palcoscenico nudo coi macchinari a vista che alzano il fondale, manovrati da maestranze in costumi da operai ottocenteschi. La scelta lascia mano libera ai cantanti, permette loro di enfatizzare la gestualità, come si usava un tempo, e va detto che la trita retorica del melodramma funziona ancora. Insomma Ernani è a suo agio e la fa da padrone, basta stare al gioco e non pretendere gli "aggiornamenti" di moda. I problemi tuttavia nascono quando il regista vuole strafare, facendo entrare in scena un paio di ballerine col gonnellino da can-can che vorrebbero tanto essere spiritose, o inventando gratuite apparizioni di angeli con ali pennute, disposti anche a servire bicchieri di champagne sui vassoi. Queste righe sono state scritte dopo aver visto la replica del 2 ottobre, ma la sera della prima, durante l'intervallo a luci spente fra il Terzo e il Quarto atto erano intervenute le famigerate ballerine con dei cartelli per invitare il pubblico a pazientare cinque minuti. Se Bechtolf si fosse limitato a utilizzare i servi di scena, senza altre interferenze di dubbio gusto, il risultato sarebbe stato più efficace.

Applausi per tutti a fine serata, con un folto pubblico di stranieri.

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