Cercare il groove

Bill Laswell al Regio di Torino con i Master Musicians of Jajouka

Foto Ivan Vittone per MITO SettembreMusica
Foto Ivan Vittone per MITO SettembreMusica
Recensione
world
MITO Settembre Musica Torino
14 Settembre 2014
Le geografie delle musiche del mondo sono piuttosto diverse da quelle reali: capita così che un villaggio marocchino diventi una delle capitali della world music, epitome della musica transe: dai tempi della beat generation ritrovatasi a Tangeri a Brian Jones, fino ai giorni più recenti, andare a sciacquare i panni sul Rif sembra essere diventata quasi una moda. Bill Laswell – che a Jajouka andò nel 1992, e ci trasse un disco intitolato [i]Apocalypse Across the Sky[/i] – però rivendica la "serietà" della sua collaborazione con i musicisti marocchini, diretti da Bachir Attar: «Molto spesso – ha detto ad Alberto Campo su “Repubblica” – gli artisti americani ed europei tendono ad appropriarsi delle musiche tradizionali di altre parti del mondo, in particolare dell’Africa, limitandosi a “decorarle” da un punto di vista formale. Nel nostro caso, invece, è una vera collaborazione». Niente di più vero, a giudicare dal concerto di MITO al Regio di Torino (la replica al Teatro Manzoni di Milano è prevista per il 16 settembre). Ma [i]collaborare[/i], specie se calati in sistemi musicali diversi – da un lato il gruppo di Laswell, Material, dall’altro gli oboi ([i]rhaita[/i]), il violino e i tamburi del gruppo di Attar – si rischia, naturalmente. E così può capitare che l’inizio sia disastroso: nel Regio – non certo la sala più adatta per questo tipo di concerto – il volume è altissimo, il suono confuso. Dalle prime file alcuni rinunciano e salgono più in alto in platea, e sul palco si ha l’impressione che si stia cercando un terreno ritmico comune che proprio non vuol farsi trovare. Poi, poco a poco, i tasselli vanno a posto, le cellule ritmiche cominciano ad incastrarsi: Laswell è un bassista prodigioso, che a tratti sembra non fare assolutamente nulla ma che è capace di “aprire” un pezzo con una sola nota. Hamid Drake è probabilmente uno dei più creativi batteristi in circolazione. I due insieme – prese le misure – superano i problemi di ascolto sul palco, e guidano il gruppo in una seconda parte di concerto memorabile. Davvero, non c’è compiacimento: quasi nulli i soli, tromba e sax si limitano a punteggiare gli ostinati ritmici con riff, e a impastarsi con il suono penetrante degli oboi. Il risultato ora vira verso un jazz di sapore quasi “ethio”, ora verso il dub, o il rock psichedelico. Il tutto è una lenta indagine, uno scavo, a “cercare” il groove. Anche procedendo per errori: meglio, e molto, di fare i “decoratori”.

Interpreti: The Master Musicians of Jajouka; Bachir Attar, direttore. Material: Bill Laswell, basso; Hamid Drake, batteria; Aiyb Dieng, percussioni; Graham Haynes, tromba, cornetta; Peter Apfelbaum, sassofono tenore.

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