Bergamo di Fresu

Il trombettista sardo ha chiuso il suo triennio di direzione artistica.

LR

24 marzo 2011 • 2 minuti di lettura

Foto Gianfranco Rota
Foto Gianfranco Rota

Bergamo Jazz Bergamo

Con il direttore artistico infine sul palco, unica volta in tre anni (bell’esempio di deontologia professionale e/o di onestà intellettuale), si è conclusa la rassegna di Bergamo Jazz 2011. E con Paolo Fresu accanto al settetto Funk Unit del trombonista Nils Landgren si è chiuso anche il mandato bergamasco del trombettista sardo, che dall’anno prossimo lascerà la direzione al collega e maestro Enrico Rava. Un bilancio triennale indubitabilmente positivo per quanto riguarda il riscontro del pubblico: questa trentatreesima edizione in particolare si è distinta per il regolare tutto esaurito e per una platea appassionata e plaudente. L’eterogeneità del programma, d’altro canto, se non denotava la rassegna di particolari coerenza e personalità, sembrava proprio destinata a catturare gli ascoltatori più diversi. Ed è stata un po’ questa la cifra stilistica del triennio, lungo il quale il festival è diventato significativa vetrina per nomi consolidati del panorama nazionale ed internazionale, con sintomatiche sortite “esotiche”, buona rappresentanza Ecm e qualche presenza “storica”. Quest’anno sul palcoscenico del Teatro Donizetti si è ascoltato il ritorno di Tomasz Stanko, con una performance rigorosa quanto ridondante nelle forme e nelle sonorità, e l’esordio europeo del Frank Zappa di Stefano Bollani. Si è proseguito con il Domenico Scarlatti di Enrico Pieranunzi, ai vertici del cartellone, nonché una delle riletture del repertorio cosiddetto colto più riuscite e stimolanti di sempre, e la saudade intimista di Gilberto Gil, per soli violoncello, chitarre e voce. E si è chiuso con il quarantennale sodalizio tra Chick Corea e Gary Burton, algidi virtuosi spumeggianti, come d’abitudine, ed i danzanti funky grooves del suddetto trombonista svedese, bianco fuori, ma nero nell’anima.