Ariadne va in tv

Scala: delude la regia di Frederic Wake-Walker per l'opera di Strauss, applausi al cast e al direttore Franz Welser-Möst. In un cameo c'è anche il sovrintendente Pereira

Ariadne auf Naxos
Ariadne auf Naxos
Recensione
classica
Teatro alla Scala, Milano
Ariadne auf Naxos
23 Aprile 2019 - 22 Giugno 2019

Dell'ottimo cast di questa scaligera Ariadne auf Naxos sarebbe improprio citare per primo il sovrintendente Alexander Pereira, ma vederlo in scena nella rossa livrea del Maggiordomo deus ex machina ha certamente scatenato la curiosità del pubblico e instaurato un buon rapporto di complicità. Non è la prima volta che Pereira si cimenta nella parte, l'ultima è stata lo scorso anno a Vienna, e gli va riconosciuta un'autorevole ed elegante presenza scenica nel dirimere la bega fra commedia dell'arte e dramma mitologico. Ovviamente protagonista della serata è stata Krassimira Stoyanova, un'Arianna dalla voce sicura e calda, capace di superare senza difficoltà anche gli impeti wagneriani. Mentre in tal senso Michael König (Bacco), pur disponendo di un bel timbro, non è parso un ideale Heldentenor. Molto attesa era Sabine Devieilhe come Zerbinetta e non ha deluso, ironica al punto giusto, disinvolta nell'affrontare la temibile prova del rondò finale. Di gran classe il Compositore di Daniela Sindram per sicurezza vocale e gestualità, a lei è stato attribuito forse l'unico guizzo della regia, quando al termine del Prologo si suicida o finge di pugnalarsi per subito rialzarsi prima che cali il sipario, ottenendo così gli applausi dei colleghi e degli spettatori. Perché la messa in scena ideata da Frederic Wake-Walker con lo scenografo Jamie Vartan alla fine è risultata priva di leggerezza e ha finito per appiattire ogni situazione. Non ha aiutato di certo l'aver sostituito le maschere della commedia dell'arte con boys dorati nel Prologo e con costumi pop nell'Opera. Quest'ultima è stata ambientata in uno studio televisivo, come indicavano le vetrate in alto dietro le quali doveva essere la cabina di regia. Con grande dispendio di proiezioni cangianti sulle tre pareti e tanto di scala dalla quale scendeva il dio scampato alle malie di Circe. Arianna non aveva molto spazio a disposizione, era sistemata su una pedana rotonda, parecchio arretrata rispetto al boccascena (soluzione poco adatta a far arrivare la voce in sala), con un coperchio che ogni tanto la nascondeva, ed era circondata da una distesa di coni violacei che non facilitavano le poche cotroscene dei comici. Forse è eccessivo considerare Ariadne auf Naxos un distillato della cultura europea, dal mito classico al Bourgeois gentilhomme, ai raffinati e ambigui giochi escogitati da Hofmannsthal, ma in scena tutta questa richezza di commistioni è risultata impoverita e banale. A essere premiato è stato invece l'ascolto perché, a parte il livello dei cantanti tutti, la direzione di Franz Welser-Möst è stata determinante sia nel dare unità sia nel sottolineare le differenze fra i due mondi contrapposti e nel creare in buca l'equilibrio sonoro necessario. È sempre stupefacente come Strauss sia riuscito con un organico ridottissimo a creare l'illusione di una grande orchestra.

Lunghi e calorosi gli applausi a fine serata per gli interpreti e il direttore, ma sonori e interminabili buu al regista.

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