Ancora Bella Ciao

A Milano in scena il "riallestimento" del più importante spettacolo del folk revival italiano

Recensione
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Associazione Secondo Maggio Milano
11 Giugno 2014
«Ora sono contentissima che riproponiate il tutto con facce nuove, voci diverse, entusiasmo eguale. Era quello che pensavo fosse giusto fare. Com'era anche chiaro che non potevo aggiungere a quello che avevo dato allora un mio piccolo contributo che sarebbe stato nostalgico venato di malinconia in un momento in cui è fondamentale per me proporre argomenti nuovi, modi nuovi, musica mia d'oggi costruita proprio su quello slancio iniziale che voi oggi giustamente festeggiate… Quei canti erano forti di per sé stessi, e le voci e i volti che li hanno proposti per la prima volta dovevano assolutamente cambiare, altrimenti sarebbero parsi a tutti anche gli ultimi entrati insieme ai loro canti nella notte dei tempi». Il saluto di Giovanna Marini lo legge Franco Fabbri, direttore artistico della serata – specialissima, quasi unica – dedicata ai 50 anni di [i]Bella Ciao[/i] a Spoleto. La Marini sul palco non c’è, così come non ci sono gli altri “sopravvissuti” di quello storico spettacolo (ma nel pubblico si riconoscono Sandra Mantovani, Paolo Ciarchi e alcuni del Gruppo Padano di Piàdena). Ci sono invece gli "eredi": «tutti noi – dice Riccardo Tesi, direttore musicale della serata – siamo figli di quello spettacolo» (potete leggere la storia di Bella Ciao sul “gdm” di giugno). Oltre all’organetto di Tesi, ci sono la chitarra e lo tsouras di Andrea Salvadori, le percussioni creative di Gigi Biolcati e le voci di Alessio Lega, Lucilla Galeazzi, Ginevra Di Marco e Elena Ledda. Di fronte ad un materiale musicale così ricco e potenzialmente difficile da gestire, anche perché notissimo - ed è un attimo cadere nel sentimentalismo, o nei cliché - Tesi sceglie un approccio defilato e intelligente. Intanto, niente filologia: la scaletta viene modificata (salvo l’ingresso sulla “Lizza delle Apuane”, e le due “Bella ciao” a seguire) e calibrata su tempi da concerto di oggi. E poi, musica molto indietro – come del resto nell’originale – e spazio tutto alle voci. Quelle femminili, soprattutto, sono forse le tre più belle del folk italiano di oggi, diversissime tra loro ma perfettamente equilibrate: "antica" quella di Elena Ledda, epica quella della Galeazzi, lirica quella della Di Marco. Al netto del contenuto politico, che emerge forte anche a distanza di mezzo secolo, [i]Bella Ciao[/i] è innanzitutto una miniera di melodie memorabili. La scaletta è emozionante, e i brani sono ben piantati nella memoria collettiva, come qualcosa cui si è abituati fin da bambini: “Tutti mi dicon Maremma Maremma” (fatta dalla toscanissima Di Marco), “Povre filandere”, una splendida “Amore mio non piangere” in puro sound Banditaliana, “Sant’Antonio nel deserto”, “Jolicoeur” (con Alessio Lega nel ruolo che fu di Michele Straniero), “Gorizia” (affidata in solo alla Galeazzi), “Partire partirò”, una estiva “Porta romana”, “Son cieco”, una potentissima “La lega”, cantata a tre voci… A metà, un intermezzo in solo di Gigi Biolcati, che inventa una versione del classico piemontese “La mia mama voeul chi fila” per voce e body percussion… Bis naturali: “Addio Lugano bella” e – naturalmente – “Bella ciao”. «È bene cantarla ancora», dice Riccardo Tesi, e non si può non essere d’accordo. Nessuna nostalgia barricadera, nessun ripescaggio dalla «notte dei tempi» da cantare a pugno chiuso. La chiara consapevolezza, piuttosto, che un’identità culturale, e [i]politica[/i], si è costruita e si costruisce ancora anche intorno a questi canti, «forti di per sé stessi».

Interpreti: Riccardo Tesi: organetto e direzione musicale; Alessio Lega, Lucilla Galeazzi: voce e chitarra; Ginevra Di Marco e Elena Ledda: voce; Gigi Biolcati: percussioni e voce; Andrea Salvadori: chitarra e tsouras. Regia di Silvano Piccardi; direzione artistica di Franco Fabbri.

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