Avviato lo scorso 15 luglio, il 43° Festival Internazionale di Musica di Portogruaro offre un ricco e articolato programma che si snoda fino al 15 settembre, portando nella località veneta sia alcuni fra i più significativi musicisti della scena concertistica internazionale, sia prestigiose orchestre, tracciando un percorso ideale tra intersezioni con il jazz, l’opera lirica e la musica elettronica. Organizzata dalla Fondazione Musicale Santa Cecilia e disegnata dalla direzione artistica di Alessandro Taverna, l’edizione 2025 si intitola “Modulazioni. Il continuum della musica”: un denso calendario di eventi, all’interno del quale si delinea così un arcipelago di “modulazioni”, dove ogni isola corrisponde a una diversa categoria.
Per illustrare nel dettaglio i differenti caratteri del programma offerto dal 43° Festival Internazionale di Musica di Portogruaro, abbiamo rivolto qualche domanda allo stesso direttore artistico Alessandro Taverna.

Iniziamo da uno sguardo generale: cosa significa per un festival come questo di Portogruaro raggiungere la 43ª edizione?
«Raggiungere la 43ª edizione non equivale a resistere al tempo: significa confermare un’idea e nello stesso tempo essere capaci di rinnovare la propria voce. Un Festival longevo non si accontenta di ricalcare formule: non si tratta soltanto di “durare” ma di dialogare con il presente, di crescere a contatto con la comunità di riferimento. La manifestazione ha attraversato mutamenti di gusto e linguaggi senza smarrire la propria vocazione: proporre musica d’eccellenza radicata nel territorio ma aperta al dialogo internazionale. Ogni edizione aggiunge un tassello a questa narrazione collettiva, dimostrando quindi che la longevità non è mera resistenza, bensì la capacità di rigenerarsi restando fedele ai valori fondanti».
Il titolo individuato per l’edizione di quest’anno è “Modulazioni. Il continuum della musica”. Ci illustra il significato di questa scelta?
«“Modulazioni” evoca il mutare continuo dei parametri sonori: “continuum” indica il filo ininterrotto che collega epoche, forme e stili. Tre i “ponti” operativi: ibridazione – la nostra ritrovata comprensione che la musica è un linguaggio intrinsecamente flessibile, capace di superare i confini, adattandosi e prestandosi ad ambiti che vanno oltre la classica –, identità – il festival come punto d’incontro in cui la comunità di Portogruaro e l'intero territorio si riconoscono, non solo nei programmi, ma anche nella valorizzazione delle nostre risorse –, accoglienza – l’invito a superare ogni specialismo, rendendo il Festival accessibile e coinvolgente per tutti –, per offrire il collegamento all’interno di un vasto arcipelago sonoro: il jazz internazionale, il grande repertorio lirico‑sinfonico, la sperimentazione e i nuovi linguaggi, la prassi storicamente documentata, le giovani generazioni, garantendo coesione senza omologazione».

Entriamo nel dettaglio di quella parte di programma, diciamo così, più trasversale, che attraversa generi come il jazz o l’elettronica…
«L’ambito del jazz internazionale e delle nuove tecnologie è l’esempio per eccellenza di questa volontà di ibridazione. L’esclusiva regionale di Dee Dee Bridgewater porta sul nostro palcoscenico un volto iconico del jazz: con il suo mix unico di voce, energia e improvvisazione ha rivoluzionato la scena jazz rendendola viva, dinamica e imprevedibile. Sul fronte sperimentale, Livemovement di Anton Dressler e Algo‑Ritmi e Dialoghi Elettronici di Alessandro Perissinotto e Davide Ferrario intrecciano strumenti acustici, live‑electronics, visual art e intelligenza artificiale. A completare il quadro, la nuova commissione affidata a Mario Pagotto Al di là della materia, omaggio a Luigi Russolo – e progetti come The Bass Gang e Dancing Pianos confermano che la curiosità stilistica è parte integrante del DNA del Festival».
Quali sono invece gli appuntamenti più rilevanti dedicati al repertorio sinfonico e lirico?
«La grande tradizione sinfonica vede nel concerto inaugurale la prestigiosa presenza dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI (unica data nel Triveneto) diretta da Gianna Fratta, con me al pianoforte in un programma che esalta il grande Romanticismo tedesco, dalla magnificenza del 1° Concerto di Brahms alla freschezza della 3ª Sinfonia di Mendelssohn. Anche la lirica ritrova la sua centralità con La Traviata di Verdi, che riafferma la forza di un genere capace di unire valore artistico e popolarità. La vocazione internazionale del cartellone è rafforzata dal recital Viaggio in America del pianista Emanuele Arciuli e dal Concerto Finale con i fratelli Lucas & Arthur Jussen, duo pianistico fra i più richiesti al mondo».

Scorrendo il programma ho notato un ambito particolare affidato al violoncellista, didatta e direttore Enrico Bronzi: ce ne parla?
«Oltre al consolidato rapporto di stima e amicizia che ci lega e alla continuità artistica, data la sua precedente esperienza di direzione artistica del Festival, di Enrico Bronzi mi attraggono la curiosità intellettuale, la propensione alla sperimentazione interpretativa e il costante impegno nella divulgazione musicale, specialmente a contatto con i giovani attraverso l'insegnamento. In veste di solista presenterà alcune Sonate di Beethoven per violoncello con il fortepiano di Gianluca Cascioli a completare il quadro timbrico dell’epoca, mentre guiderà da concertatore I Solisti de L’Appassionata nei Concerti Brandeburghesi di Bach. Questa linea programmatica evidenzia la nostra attenzione alla profondità storica della musica, stimolando un fertile dialogo tra passato e presente».
Nel programma c’è spazio anche per le generazioni di musicisti più giovani. In particolare, ci illustra i caratteri del Premio Santa Margherita “Nuove Carriere”, giunto alla sua terza edizione?
«Il Premio Santa Margherita, nato in sinergia con il Gruppo Vinicolo Santa Margherita, traduce in musica la filosofia aziendale di innovazione e valorizzazione del talento: un investimento concreto nel futuro della musica, individuando i giovani che porteranno avanti il “continuum” artistico. L’edizione 2025 premia Martina Meola, pianista dodicenne già vincitrice del Concorso Jeune Chopin 2025 di Lugano e del Premio Alkan. A complemento di questa visione, il programma del Festival include altri giovani musicisti, alcuni dei quali formatisi nelle Masterclass e nella Scuola di Perfezionamento della Fondazione S. Cecilia, autentica fucina di creatività musicale».

Pensando al futuro, quali sono i prossimi obiettivi per il Festival Internazionale di Musica di Portogruaro che la sua direzione artistica vorrebbe traguardare?
«Costruire e consolidare un’identità riconoscibile è il compito essenziale di ogni festival: significa affermare un carattere preciso e proporre contenuti che sorprendano senza tradire la propria storia. Da qui discendono alcune linee d’azione: anzitutto rendere Portogruaro una tappa sempre più stabile dei tour estivi delle grandi orchestre italiane ed europee, dopo le esperienze nelle precedenti edizioni che ho guidato con Filarmonica della Scala, con l’Orchestra della Svizzera Italiana e quest’anno con l’Orchestra RAI. Secondo: accrescere ulteriormente la partecipazione dei giovani musicisti, con borse di studio, residenze artistiche e spazi di programmazione a loro dedicati. E ancora intensificare le collaborazioni con istituzioni a noi affini, dai teatri alle accademie, per generare sinergie produttive, promuovere coproduzioni di qualità e creare circuiti di scambio che amplifichino la visibilità del Festival e dei suoi artisti. Infine, puntiamo a rafforzare il dialogo tra musica, bellezze architettoniche e paesaggistiche ed eccellenze enogastronomiche del territorio, affinché ogni edizione diventi un racconto corale in cui arte, paesaggio e comunità risuonano all’unisono».
Il programma completo e tutte le informazioni sul 43° Festival Internazionale di Musica di Portogruaro si possono trovare qui.