Sono figure che sembrano provenire dal teatro giapponese, quelle dei protagonisti di questo "Pelléas et Mélisande", firmato da Robert Wilson: una sorta di pantomima, in cui i personaggi si muovono con lenti passi di danza, truccati con i volti sbiancati, con lo sguardo fisso nel vuoto, non toccandosi e non guardandosi mai negli occhi, enfatizzando il senso di profonda solitudine e di silenzio. Un disegno coerente, che si viene sostanziando con attente scelte di contrasti cromatici e con giochi di luci ed ombre, di forte impatto simbolico: una luce quasi accecante prevale su tutto, con uno sfondo che illumina e che riesce a conferire una sensazione di mistero; luce propria di quel “mistero di mezzogiorno” che Vladimir Jankélévitch aveva individuato come sintomo del “mistero delle anime”.
La direzione musicale di Sylvain Cambreling si è caratterizzata per un attento e preciso lavoro di definizione di dettagli e la sua direzione riesce a conferire fluidità allo sviluppo drammatico, anche se il colore orchestrale e le dinamiche non sempre riescono ad emergere con tutta quella complessa e forte potenzialità, che sono proprie della scrittura di Debussy. Camilla Tilling è una delicata Mélisande, con un colore vocale sottile e caldo; Yann Beuron un convincente interprete di Pelléas, nonostante un timbro non sempre brillante; così il Golaud di Laurent Naouri ci è parso troppo stentoreo e privo di quelle sfumature e di quei tratti problematici che sono proprie del personaggio. Franz-Josef Selig nel ruolo di Arkel è robusto ed intenso, di livello l’Yniold di Seraphin Kellner.