Al centro della scena, scarna e stilizzata come d'abitudine nelle regie di Christine Mielitz, c'è una costruzione che ricorda un ring di pugilato, dove dovrebbe svolgersi – presumiamo – la battaglia di intrighi e gelosia che caratterizza quest'opera. I conflitti tra i personaggi si sarebbero dovuti stagliare in questa cornice minimalistica, aiutati da giochi di luce contrastanti e abiti in tinte monocrome bianche e nere, e bilanciati dal mirato utilizzo di masse corali, con una presenza scenica dinamica e invasiva che d'istinto associamo ad alcune memorabili immagini del film Metropolis di Fritz Lang. Gli interpreti, tuttavia, non sembrano trovarsi a loro agio in questo habitat che avrebbe richiesto capacità drammatiche e attorali ben diverse. L'Otello di Botha è ineccepibile da un punto di vista vocale e tecnico, ma il personaggio non prende mai vita. La Stoyanova, invece, si rivela una Desdemona struggente e avvincente con un timbro delicato e penetrante che regala numerosi momenti di intensità. Struckmann parte con molte sbavature, ma assume poi carattere e sicurezza. Gatti a capo dell'organico orchestrale è, a ragione, il più acclamato. Alcune imperfezioni dell'orchestra si sentono e fanno male, ma questo può succedere ed è spesso inevitabile. Gatti dirige a memoria con ricchezza di dettagli e sfumature. La partitura diventa un immenso arco drammatico che sfrutta in modo estremo tutta la paletta timbrica e dinamica dell'organico orchestrale e trova il suo completamento organico solo alla fine dell'esecuzione. Quello che maggiormente colpisce è il modo in cui Gatti asseconda e interagisce con la scena accompagnando i cantanti con continua attenzione all'equilibrio totale. E questo, alla fine, è ciò che salva e tiene assieme l'intero allestimento.
Interpreti: Otello: Johan Botha; Jago: Falk Struckmann; Cassio: Ho-yoon Chung; Roderigo: Cosmin Ifrim; Lodovico: Ain Anger; Montano: Vladimir Moroz; Desdemona: Krassimira Stoyanova; Emilia: Janina Baechle
Regia: Christine Mielitz
Direttore: Daniele Gatti