Le quattro stagioni al quadrato di Concerto Mediterraneo

In un’originale incisione discografica riunite le visioni di Vivaldi, Piazzolla, Richter e Glass

Alessandro Quarta, Gianna Fratta, Dino De Palma (foto Mimmo Attademo)
Alessandro Quarta, Gianna Fratta, Dino De Palma (foto Mimmo Attademo)
Disco
classica
Alessandro Quarta, Dino De Palma, Concerto Mediterraneo
Sixteen Seasons
Arcana
2022

Interessante e divertente l’idea di associare e includere nello stesso disco doppio i più famosi concerti vivaldiani con la loro ricomposizione di Max Richter, con le quattro stagioni portegne di Astor Piazzolla, e con le quattro stagioni americane di Philip Glass. L’esaltazione della scrittura violinistica che ne risulta è una festa affidata agli strumenti solisti di Alessandro Quarta e Dino de Palma accompagnati dalla orchestra Concerto Mediterraneo diretta da Gianna Fratta. I tre artisti accomunati dalle origini pugliesi hanno realizzato questo progetto durante la pandemia riunendo per l’occasione ventisei giovani musicisti.

Questi accostamenti, oltre alla piacevolezza dell’ascolto offrono molti spunti di riflessione. In fondo per certi versi Vivaldi con la sua verve di sperimentatore e i suoi ritmi incalzanti e iterati potrebbe essere visto come una delle fonti di ispirazione del cosiddetto minimalismo di cui Glass è stato ed è alfiere, e di cui Richter rappresenta in un certo senso il post.

Sui famosi primi quattro concerti della raccolta di Antonio Vivaldi intitolata Il Cimento dell’armonia e dell’inventione, stampata ad Amsterdam nel 1725, si è detto e scritto tutto, ma Las cuatro estaciones porteñas di Astor Piazzolla non sono nate programmaticamente insieme, e sono state scritte progressivamente tra il 1965 e il 1970 fino a essere assemblate come una suite e registrate con un quintetto costituito da bandoneon, violino, chitarra elettrica, contrabbasso e pianoforte, senza dimenticare che nell’emisfero sud le stagioni sono invertite e opposte. Più tardi, tra il 1996 e il 1998 su richiesta del violinista Gidon Kremer sono state trascritte per violino e orchestra d’archi da Leonid Desyatnikov, che ne ha rafforzato l’ideale collegamento con l’universo vivaldiano anche attraverso qualche breve citazione.

Un vero e proprio caleidoscopio di citazioni è invece Recomposed: Vivaldi – The Four Seasons di Max Richter del 2021, frutto di atto liberatorio nato da una sorta di  amore-odio verso i celebri concerti che risuonano ossessivamente su scala planetaria, che rispettando la tripartizione della forma concerto si impadronisce attraverso un gioco di specchi di impulsi, gesti, figurazioni, idee ritmico-melodiche-armoniche che riflettono i meccanismi del linguaggio musicale barocco messi a nuovo.

Al contrario la totale assenza di citazioni vivaldiane caratterizza il Violin Concerto No. 2 – The American Four Seasons scritto da Philip Glass nel 2009 originariamente per il violinista Robert McDuffie, i cui quattro movimenti, il primo introdotto da un prologo e i successivi ciascuno da un brano definito song, non hanno nessun preciso riferimento climatico meteorologico e fluiscono lasciando aperto l’ascolto ad ogni possibile associazione con equinozi e solstizi.

A proposito di clima e meteorologia, fra i testi del libretto del disco c’è anche un breve scritto di Luca Mercalli intitolato “Dalla Piccola Glaciazione al riscaldamento globale: non ci son più le stesse stagioni” che ci ricorda come Vivaldi avesse vissuto l’esperienza di una laguna veneziana completamente gelata, e di come noi oggi sperimentiamo una stagione molto calda che tende ad allungarsi sempre di più.

Dal punto di vista musicale nel contesto di una esecuzione energica e allo stesso tempo poetica, grazie alla sensibilità e al talento dei solisti e della direzione d’orchestra, anche dai famosissimi quattro concerti di Vivaldi emergono dettagli inconsueti e originali che fanno tornare la voglia e il piacere di ascoltarli.

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