La musica panica di Tim Hecker

No Highs, nuovo album del sound designer canadese, è «una fuga dalla fuga dalla realtà»

Tim Hecker
Disco
pop
Tim Hecker
No Highs
Kranky
2023

Negli ultimi tempi affaccendato soprattutto sul fronte cinematografico, di recente per la colonna sonora dell’horror distopico del connazionale Brandon Cronenberg Infinity Pool, il 48enne produttore e sound designer canadese Tim Hecker torna adesso con No Highs, primo album a sé stante dalla doppietta costituita da Konoyo e Anoyo, datati rispettivamente 2018 e 2019.

Allora si era avvalso di strumentisti di musica tradizionale giapponese, quando in passato aveva realizzato alcuni dei suoi lavori più acclamati utilizzando quali fonti sonore l’organo a canne della Firkirkjan Church di Reykjavik, in Ravedeath, 1972 (2011), e le voci dell’Icelandic Choir Ensemble diretto dal compianto Jóhann Jóhannsson, rielaborando in Love Streams (2016) le polifonie del compositore franco fiammingo di epoca rinascimentale Josquin des Prez.

Nella circostanza, viceversa, oltre alla dotazione di sintetizzatori e computer da lui stesso manovrati, si avvale soltanto dell’inconfondibile timbro dei sassofoni dello statunitense Colin Stetson, da tempo residente anch’egli in Canada.

Dovendo identificare un filo conduttore dell’opera, l’ha definita «una fuga dalla fuga dalla realtà», mentre i titoli di certi episodi, dallo sketch ambient “Pulse Depression” all’incalzante “Anxiety”, basato sull’intreccio fra la progressione minimalista disegnata dalle tastiere e gli echi sovrapposti dei fiati, sembra alludano agli affanni generati dai drammi che pervadono l’attualità.

In apertura di sequenza troviamo invece “Monotony”, scandito da un’insistita pulsazione di pianoforte che prelude a un minaccioso crescendo dal pathos apocalittico: tema ripreso più avanti nell’omonima seconda parte, in cui giganteggiano le ance di Stetson, come avviene pure nel viaggio introspettivo di “In Your Mind”. Il repertorio alterna su quel canovaccio sfumature differenti, sconfinando in ambito neoclassico con “Glissalia”, evocando scenari glaciali nel conclusivo “Living Spa Water” e arrivando a sfiorare le geometrie elettroniche care ai “corrieri cosmici” tedeschi di mezzo secolo fa in “Lotus Light”.

Gli estimatori del linguaggio musicale di Tim Hecker sanno che se ne apprezzano gli effetti in particolare dal vivo, subendone – è il caso di dire – la soverchiante pressione acustica: esperienza d’ascolto praticabile nell’unica tappa italiana dell’imminente tournée europea, lunedì 24 all’auditorium Zanon di Udine.

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