«Quel soprano è grasso»: polemica sul body shaming a Salisburgo

Infuria la polemica tra il soprano statunitense Kathryn Lewek e il quotidiano conservatore tedesco Die Welt

Kathryn Lewek - Body shaming
Kathryn Lewek nel ruolo di Euridice (foto di Monika Rittershaus)
Articolo
classica

Vivaci polemiche per quanto scritto dal critico musicale di Die Welt sull’interprete di Eurydice nell’Orphée aux Enfers al Festival di Salisburgo, il soprano statunitense Kathryn Lewek.

LEGGI: L’Offenbach impudico di Kosky conquista Salisburgo

A Lewek non è proprio andata giù la frase: «… dicke Frauen in engen Korsetten in diversen Separees die Beine breit», ossia «… donne grasse in corsetti stretti e gambe allargate in diversi separé», scritta in una recensione. Dapprima il soprano – Eurydice nella produzione in questione – attraverso i social network aveva energicamente reagito contro la tendenza di una certa critica a formulare giudizi sul fisico piuttosto che sulla voce dei cantanti. «Non ho ancora avuto esperienze di questo tipo negli Stati Uniti ma solo sui media britannici. Quando ho sentito di esperienze simili di molte colleghe, ho capito che era un dovere parlarne», ha scritto Lewek, che ha deciso di andare oltre la denuncia generica e di attaccare frontalmente l’autore della frase incriminata, cioè Manuel Brug, critico musicale del quotidiano conservatore tedesco Die Welt

«Non ho ancora avuto esperienze di questo tipo negli Stati Uniti ma solo sui media britannici. Quando ho sentito di esperienze simili di molte colleghe, ho capito che era un dovere parlarne».

L’attacco è partito in una intervista al quotidiano austriaco Salzburger Nachrichten ma anche attaverso la pagina Facebook della cantante, che ha deciso di pubblicare lo scambio di messaggi con i responsabili editoriali di Die Welt, Stefan Aust e Ulf Poschardt.

Kathrin Lewek - Body shaming
Kathryn Lewek nel ruolo di Euridice (foto di Monika Rittershaus)

In risposta alle pesanti accuse della cantante («se è una prerogativa di ogni recensore esprimere il proprio giudizio, tale giudizio tradisce una scarsità di capacità giornalistica e di decenza umana. … Vi invito a considerare più attentamente le vostre responsabilità e a stabilire standard più elevati di qualità e decenza per i vostri dipendenti»), il caporedattore Ulf Poschardt aveva tentato la difesa del proprio critico sostenendo che il giudizio negativo andasse piuttosto riferito più generalmente allo spettacolo di Barrie Kosky.

Giustificazione respinta vigorosamente al mittente da Lewek, soprattutto alla luce di quanto dichiarato dallo stesso Brug al quotidiano britannico The Guardian ossia: «se [Levek] è così sensibile, perché si mostra per tutto il tempo in questo corsetto? Interessante è che le signore magre in scena sono tutte vestite e quella non troppo magra indossa costumi che lasciano vedere molto del suo peso». Nella sua replica a Poschardt, infatti, Kathryn Lewek si domanda: «È chiaro che il Signor Brug non è un difensore delle donne e la sua critica dell’operetta è maldestra. È davvero qualcuno su cui poggiare la reputazione del suo giornale? […] Se Brug fosse un mio dipendente, anziché scrivere una condiscendente apologia in sua difesa, lo censurerei non soltanto per la sua crudeltà ma per la sua indolenza che gli impedisce di usare a sostegno della sua mediocre critica qualcosa di più che insulti infantili». 

Dopo qualche giorno di silenzio, lo stesso Brug ha risposto oggi con un lungo articolo in Die Welt che suona come un’autodifesa intitolato Perché è giusto usare la parola «grasso». Nessuna scusa a Lewek, ma una puntuale spiegazione del senso della frase incriminata nel più generale contesto della sua recensione che, scrive il critico, «la cantante americana evidentemente non ha capito, [perché] presumibilmente non parla tedesco» e accusa Lewek di aver trasformato una questione insignificante in un tema da campagna elettorale. Non rinuncia tuttavia a ricordare che «il teatro è un mondo di illusioni, e i costumisti di solito trovano ottime soluzioni per far apparire seducenti e desiderabili anche cantanti in sovrappeso». 

«Il teatro è un mondo di illusioni, e i costumisti di solito trovano ottime soluzioni per far apparire seducenti e desiderabili anche cantanti in sovrappeso».

Mentre l’infuocata polemica è destinata a continuare, va registrato il deciso sostegno a Lewek da parte di Helga Raubl-Stadler, Presidente del Festival di Salisburgo, che in un post nella pagina Facebook del festival si congratula con la cantante per la sua straordinaria performance artistica ma anche per il coraggio mostrato contro il body shaming e aggiunge pungente: «un critico tedesco molto potente, il cui aspetto non commento per non mettermi al suo livello di irriverenza, ha rimproverato Kathryn di essere troppo grassa come Eurydice. Regista e pubblico erano d’accordo nel trovarla perfetta per questo ruolo: comica, seducente, intelligente. Nessuna sorpresa che anche il re dell'Olimpo sia caduto ai suoi piedi! […] Chi si presenta in scena mettendoci corpo e anima, si rende vulnerabile. Alle artiste e agli artisti si deve rispetto per le loro prestazioni, non chiacchiere sul loro fisico». 

«Alle artiste e agli artisti si deve rispetto per le loro prestazioni, non chiacchiere sul loro fisico».

Polemiche di questa natura non sono nuove nel mondo dell’opera. Fece molto discutere la decisione della Royal Opera House di Londra di protestare il soprano americano Deborah Voigt il cui fisico robusto non si prestava all’idea registica dell’Ariadne auf Naxos, così come nel 2014 provocò vivaci accuse di sessismo la qualifica di “inguardabile” rivolta da un critico britannico al mezzosoprano irlandese Tara Erraught impegnata nel ruolo “en travesti” di Octavian in una produzione del Rosenkavalier al Festival di Glyndebourne. 

Se hai letto questo articolo, ti potrebbero interessare anche

classica

FloReMus e le polifonie tra santi, signori e dei

classica

La conclusione di Laus Polyphoniae 2024 preannuncia la prossima edizione 

classica

Pubblicato da LIM un importante saggio sulle esperienze americane di otto compositori italiani tra Otto e Novecento