Analog Africa, cinque dischi per dieci anni

L'etichetta di Samy Ben Redjeb riscopre tesori vintage dal continente africano (e non solo): il best of di Analog Africa da ascoltare

Analog Africa
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Ha compiuto non da molto 10 anni una delle etichette più interessanti nel vasto (e spesso ghiotto) panorama delle etichette dedicate a ristampe di materiali storici provenienti da altre geografie, Analog Africa.

Nata dalla curiosità e dai viaggi di Samy Ben Redjeb, l’etichetta si è rapidamente affermata tra gli appassionati – e non solo – come un vero e proprio marchio di garanzia per chi è alla ricerca di tesori più o meno dimenticati della musica africana, in particolare quel vasto arco di esperienze che dagli anni Sessanta fino agli anni Ottanta del Novecento hanno dialogato, a volte assorbendone gli stimoli, altre volte con originale visionarietà, con i linguaggi che emergevano sulla scena internazionale.

Un mondo vasto e variegato, come è inevitabile quando si parla di un continente come l’Africa, un mondo che va dall’afrobeat alle sonorità di Capo Verde, dalle chitarre elettriche congolesi al funk sub-sahariano. Un mondo che non poteva non spingersi anche laddove la diaspora africana ha portato i semi di quelle espressività, come in Sudamerica.

Tutte le uscite sono disponibili sul Bandcamp della label: una vera e propria caccia a tesoro che non manca mai di stupire e ingolosire chi ci si avventura, anche grazie a libretti ricchissimi e dettagliati. 

Per celebrare degnamente il compleanno dell’etichetta, la recente uscita dell’elettrizzante lavoro dedicato ai Dur Dur Of Somalia e la distribuzione italiana tramite Goodfellas, abbiamo scelto per voi 5 “imperdibili” Analog Africa da cui iniziare il vostro viaggio.

 

1. African Scream Contest: Raw & Psychedelic Afro Sounds from Benin & Togo 70s

Analog Africa, musica del Benin

Un posto centrale nel catalogo Analog Africa è certamente occupato dalla musica che viene dal Benin e dal Togo. In questa prima raccolta dedicata a quell’area geografica nel 2008 (il seguito è recente, così come negli anni l’etichetta ha dedicato ampio spazio a uno dei gruppi simbolo del Benin, l’Orchestre Poly-Rythmo de Cotonou, anche qui presente), troviamo già una succosa scelta di pezzi, molti dei quali provenienti da nomi davvero semisconosciuti.

Eccitante fusione di elementi locali e di influssi che variano dal mondo afrocubano a quello di nazioni come Ghana o Congo, dal funk di matrice James Brown alle chitarre del rock psichedelico, ma non indenne anche da sapori di chanson che arrivano tramite la colonizzazione, la musica di Benin e Togo è un’esplosiva miscela di groove, voci indimenticabili, profumi ancestrali.

2. Space Echo: The Mystery Behind the Cosmic Sound of Cabo Verde Finally Revealed!

Musica capo verde, Analog Africa

Questa raccolta dedicata alle musiche dalle sonorità cosmico/elettroniche da Capo Verde (dimenticatevi Cesaria Evora...) è accompagnata da una delle storie più belle che vi possa capitare di ascoltare. Si narra infatti di una grande nave da container che nel 1968 doveva portare un carico di sintetizzatori e strumenti elettronici da Baltimora e Rio, ma che misteriosamente scompare e viene ritrovata – come piovuta dal cielo, con evidenti implicazioni aliene – sulle spiagge di Capo Verde.

I sintetizzatori e organi contenuti nei container vengono distribuiti nelle scuole e contribuiscono a creare un sound – che si concretizzerà poi a partire dalla seconda metà degli anni Settanta e primi Ottanta in una sorta di psych-funk sintetico e plasticoso, spesso irresistibile, ben testimoniato dalle 15 tracce del disco.

Che vogliate credere alla storia del naufragio cosmico (io ve l’ho riassunta, è anche più pazza e misteriosa di così) o meno – un rapido fact-checking ridimensiona lo stupore, ma la poesia della trovata resta – un disco originalissimo e contagioso.

3. Diablos Del Ritmo: The Colombian Melting Pot 1960​-​1985

Analog Africa, Colombia

Delle sortite dell’etichetta al di fuori del continente africano per seguire le tracce diasporiche di quel cuore pulsante musicale, questa che approda nei porti della Colombia (in particolare nella frenesia di Barranquilla) è certamente tra quelle più irrinunciabili.

Attraverso un intenso lavoro di digging vinilico presso i collezionisti, l’instancabile Samy Ben Redjeb ha raccolto un bel tesoretto di gioielli che spaziano da canzoni più legate all’ambito psichedelico e afro-funk ad altre che sono pienamente immerse nella giungla dei ritmi da ballo tropicali.

L’impianto percussivo africano è lo scheletro su cui molta musica colombiana ha costruito un mondo sonoro febbrile e multilinguistico che racconta entrambe le sponde dell’Atlantico, il dolore della traversata e la gioia di danzare dopo averla superata. Difficile ascoltare questo disco restando fermi.

4. Senegal 70: Sonic Gems & Previously Unreleased Recordings from the 70s

Senegal 70

Sebbene la musica senegalese sia probabilmente tra le più documentate, Analog Africa è riuscita ad assemblare una fantastica antologia di pezzi che erano destinato all’oblio e che solo la pervicacia dei collezionisti ci restituisce splendenti più che mai.

La ricchezza delle sonorità che hanno acceso Dakar negli anni Sessanta e Settanta non ha certo bisogno di molte spiegazioni: gli aromi cubani di ritorno, le chitarre mandingues, la virale forza dello mbalax, il jazz, ovviamente i tanti giganti della musica nera che negli anni hanno suonato nella capitale senegalese, tutto ha contribuito a un mondo musicale di cui già conoscevamo molto, ma a cui questa raccolta aggiunge sapori inediti. 

5. Dur Dur of Somalia :Volume 1, Volume 2 & Previously Unreleased Tracks

Dur Dur Band Etiopia

Tra le uscite più recenti di Analog Africa, di certo imperdibile è quella dedicata al disco-funk somalo della Dur-Dur Band. Formazione tra le più rappresentative della musica del Corno d’Africa dagli anni ottanta, riportata nella sfera della hipness dall’impagabile sito Awesome Tapes From Africa nel 2013,  questa band infiammerà di certo i cuori di quanti si sono innamorati dell’Ethio-Groove degli anni scorsi.

Piuttosto irresistibili i due volumi (e gli inediti), che raccolgono materiali appartenenti a periodi diversi, ma coerenti nel portare una visione artistica in cui la musica tradizionale somala (anche di origine religiosa) trovava nei ritmi da ballo più popolari in occidente un veicolo per una trasversale forza comunicativa. 

Difficile e un po’ malinconico, dopo la guerra civile degli anni Novanta, pensare alla Somalia come un luogo di colorata creatività come quello evocato dalle musiche di questi dischi, ma se non vi spiace un tuffo nel recente passato, qui siamo davvero a altissimi livelli.

 

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