Frizza sul podio, regia di Jetske Mijnssen

classica

Applaudito debutto di Roberto Frontali nel ruolo di Rigoletto. Una interpretazione, la sua, di notevole autorevolezza, vocale e scenica. Al suo fianco un ottimo tenore, Josè Bros. Buona la direzione di Maurizio Benini che ha saputo esprimere le diverse anime della partitura verdiana, legando con equilibrio palcoscenico e buca d'orchestra.

Allestimento che segna un rilancio per il Municipale di Piacenza. Lo spettacolo pare, nel complesso irrisolto, con idee interessanti ma anche rimandi pesanti e inutili. Funzionale, comunque, nei confronti di una lettura musicale senza chiaroscuri, ma indirizzata sulla resa emotiva diretta. Molto natalizia l'idea di diffondere profumo d'arance in sala. Pubblico folto e plaudente.

Betta-Mortelliti hanno realizzato un'operina, a tratti noiosa, semplice semplice. Gli interpreti non hanno molto da fare, e quindi si divertono e basta. La musica è tra le melodie di "Titanic" e Nyman (per le cose più riuscite). Stucchevole il libretto con le sue rime facili. Il pubblico ha applaudito qualcosa non era un'opera, ma era comunque 'piacevole'.

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E' difficile negare l'importanza di questa Bohème firmata -- è il caso di dirlo -- dal regista australiano Baz Luhrman e presentata al Broadway Theatre di New York (la prima è scattata l'8 di Dicembre, ma si anticipano repliche per parecchi mesi). Ciò vale non tanto per il successo commerciale e pubblicitario a cui lo spettacolo sembra inevitabilmente destinato, quanto per la regia, la quale invita a ripensare i fondamenti storici e estetici della messinscena operistica. L'operazione di Luhrman e soci è in parte polemica, ha cioè il fine di de-feticizzare il momento dell'esecuzione e denunciare il culto della voce e dei cantanti, mostrando come una esecuzione non più che adeguata sia in realtà più che sufficiente. Come al cinema, dove non importa che la musica venga eseguita nel migliore modo possibile dal migliore degli organici, in questa Bohème la partitura è in tutto e per tutto funzionale al portato drammatico, colto dallo spettatore non tanto con gli occhi quanto con la propria immaginazione.

Allestimento improntato alla grande essenzialità quello di Sepe, un'essenzialità che. tuttavia, può entrare in contraddzione con quello che trasmette la musica di Verdi,soprattutto nel primo atto. Compagnia di canto di pregio, in particolare, grandi doti ha dimostrato Elena Mosuc. Ottima la direzione di Viotti

A distanza di ottant'anni dalla prima assoluta, avvenuta anch'essa a Francoforte sul Meno nel 1920, si ripete nella stessa città il successo di "Der Schatzgräber" opera di Franz Schreker, compositore inviso ai nazisti e per questo scomparso per decenni dalle scene liriche.

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"Gattomachia" di Roberta Vacca, opera di teatro musicale elettronico per ragazzi, è andata in scena a L'Aquila, quale esito della commissione-premio dell'ultimo Concorso di composizione "Quarant'anni nel 2000": tratta liberamente dall'omonimo poema eroicomico di Lope de Vega, la partitura ha dimostrato un lavorìo accurato nella fusione reciproca degli eventi sonori (dal vivo e sul nostro) e nel filtraggio attraverso un prisma di lettura "gattesco", ma non eccessivamente descrittivo-imitativo. Ottimi gli interpreti musicali ed elettronici, ed encomiabile il lavoro registico - anche sui ragazzi - della regista Francesca Angeli.

Una Madama Butterfly a metà: interessantissima la direzione d'orchestra, perfetta la messa in scena, mediocri i cantanti.

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Una splendida produzione della Donna senza omvra". E' RObert Wilson l'artefice dell'incanto. L'orchestra si rivela una complice essenziale

Su una scena (di Pizzi, che firma anche la regia) priva di idee si alterna un quartetto disomogeneo in cui emerge il Conte di Luna di Gazale. Splendida quanto discutibile la direzione tutta in rallentandi di Daniel Oren.

Un successo di pubblico e critica per Sophie's choice, la nuova opera di Nicholas Maw commissionata dalla Royal Opera House

La Scala fuori sede apre con Gluck, molte novità e molto successo

Nel Teatro Marrucino di Chieti, alla prima stagione con la qualifica di "Teatro Lirico d'Abruzzo", una realizzazione in forma semi-scenica della Manon Lescaut di Puccini ha evidenziato una buona prova dell'Orchestra del teatro, ma un cast vocale perfettibile.

Il ritratto di Gaetano Braga, autore appartenente alla civiltà dell'800 musicale napoletano, è andato in scena in prima moderna ad Atri (TE) con un positivo allestimento, che ha rivelato una partitura pienamente inserita in quella tradizione nell'ambito del semiserio, e caratterizzata da una personale vena cameristica.

Due Dulcamara nell'"Elisir d'amore" proposto ieris era dall'Opera Giocosa al teatro Astor di Savona. Domenico Colaianni, colpito nel primo tempo da una improvvisa afonia ha dovuto lasciare la parte ad Andrea Porta. Efficace la direzione di Giovanni Di Stefano, ricca di citazioni felliniane la regia di Davide Livermore. Fra gli interpreti in evidenza Linda Campanella e Francesco Meli.

Powder her Face, opera da camera di Thomas Adès su libretto di Philip Hensher, è andata in scena con successo al Teatro Olimpico di Roma, grazie anche ad un allestimento musicalmente ben riuscito: la partitura del giovane compositore inglese disegna, in una sorta di moralità allegorica (Tempus transit), una centrifuga sonora di stili, citazioni e figure sonore, ben tenute assieme da una scrittuta debitrice di Stravinskij e Britten.

Debutti tempestosi: fischi e applausi per la prima regia lirica di Nekrosius che esordisce nell'opera con una severa ma intensa messinscena del "Macbeth" al Comunale di Firenze. La lineare direzione di Julia Jones e un cast non tutto all'altezza delle ambizioni dello spettacolo.

Felice avvio della nuova stagione, all'insegna dell'opera che qui introdusse Wagner in Italia

Sacro e profano sono i due poli su cui si gioca l'opera di Massenet/Gallet, la direzione di Viotti ha saputo restituire la grande varietà di toni della partitura. L'allestimento scenico poteva evitare l'eccessiva insistenza su un simbolismo alla fine pesante.

Nell'esotico Egitto immaginato da Alessandro Scarlatti ritorna, dopo trecento anni, La Principessa Fedele diretta da Fabio Biondi, con qualche ragnatela rimasta impigliata tra le antiche fioriture barocche.

La nuovissima opera di Rendine segna l'ingresso da trionfatrice della televisione anche nei teatri d'opera

Allestimento nel complesso mediocre, buona dirazione d'orchestra, compagnia di canto dignitosa ma non esaltante, regia ostentatamente tradizionalista con uno spostamento temporale della vicenda nell'800.

Perplessità sull'allestimento scenografico, ma sostanziale apprezzamento del cast vocale e dell'orchestra del Teatro Verdi di Trieste, in un Elisir donizettiano guidato con maestria dalla bacchetta di Bruno Aprea.