Zenìas

diario del 23 luglio

Recensione
jazz
Con Gianni Simula che è l’assessore alla cultura del comune di Ittiri ci muoviamo da Muravera di prima mattina. Stavolta niente curve. O perlomeno non troppe come è stato all’andata. Decidiamo dunque di raggiungere Cagliari passando per Geremeas, Castiadas e poi lasciare il bivio del Poetto per prendere la Carlo Felice in direzione Nord. Perché ad Ittiri il Premio “Zenias” che giunge alla nona edizione mi verrà consegnato a mezzogiorno in punto e non possiamo arrivare tardi.
“Zenìa” in lingua sarda significa stirpe. Significa fare parte di un albero genealogico, di una famiglia. “De cale zenìa ses?”, di quale stirpe sei ti chiedono “sos mannos”. Ma stirpe è per noi qualcosa di più che non l’appartenenza a una famiglia più o meno nobile. Significa appartenere e basta. Perché in Sardegna non è solo importante nascere ma è ugualmente importante crescere dentro una società che è chiusa e aperta nello stesso tempo. Società che si evolve funzionalmente ai luoghi vicini o lontani dal mare. Chiusa nelle coste invase nei secoli e aperta nelle Barbagie dove nessuno è mai stato. Chiusa tra le montagne del Gennargentu e aperta verso il mare. L’essere chiusa o aperta non è in relazione agli altri ma è in rapporto con le genie, “sas zenìas”, che ne modificano il DNA attraverso la storia vissuta che è storia principalmente di soprusi e di violenze dalle quali i sardi hanno imparato a difendersi con una chiusura che oggi significa mettere in circolo silenzi e parole pesate che scrutano nel mondo. È questo il senso che io ho letto nella motivazione del Premio che consisteva in una copia in argento del bronzetto itifallico di origine nuragica ritrovato proprio ad Ittiri e che forse rappresenta un suonatore di Launeddas. Almeno così dice il Taramelli nel 1907 e soprattutto l’archeologo Lilliu che ha scoperto il villaggio nuragico di Barumini dove siamo stati un paio di settimane fa con Ralph Towner.
Nel cinema/teatro del paese ci sono tutti quelli che durante questo fine settimana si esibiscono, in seno alla edizione 26 dell’IttiriFolkFesta che si svolge tra il 21 e il 24 luglio coinvolgendo gruppi folkloristici provenienti dall’Australia, Turchia, Russia, Paraguay, Corea, Venezuela, Filippine, Cile… Festival organizzato dall’Associazione “Ittiri Cannedu” e che coinvolge il grosso centro non lontano da Sassari. Sul palco le rappresentanze dei gruppi con il costume delle feste e due coppie con due ragazze bellissime che indossano il costume tradizionale ittirese dal colore rosso e ricco di pizzi e di monili d’oro in filigrana. Chi ha letto la motivazione è stato il presidente del Premio Leonardo Marras che ha raccontato di quando fui chiamato da lui stesso per essere assunto alla Sip ed io rifiutai il posto senza avere nessuna certezza sul futuro. Avessi accettato allora oggi non sarei qui a ritirare il Premio Zenias.

Ho parlato anch’io. Di identità e di “zenìas” e guardando mio padre di 87 anni in prima fila con in braccio il mio piccolo Andrea di tre e mezzo mi sono commosso e un nodo mi è salito in gola. Perché “zenìas” è quello. È vedere crescere generazioni che viaggiano migrando nel mondo e migrando per la sete della conoscenza prima ancora che quella del vivere. Ho parlato di incontri e di connessioni tra le genti perché “zenìas” significa meticciare ed esplodere più che implodere dentro noi stessi. Ed ho chiuso il mio breve intervento parlando dei Mori di Muravera e del senegalese Cheick Tidiane Diagne che oggi continua la tradizione dei libri dell’oralità di Tziu Cuccu che non c’è più. Il Sindaco Tonino Orani mi ha toccato la mano come molti e poi siamo andati tutti a pranzo nei locali della Scuola dove durante questi giorni vivono i gruppi presenti nell’IttiriFolkFesta. Pranzo con 500 persone dal quale usciamo stremati non prima di essere passati a fare visita alla cantina del mio antico compagno di scuola e di banco delle Industriali Tottoi Lisca che produce ogni anno duemila bottiglie di spumante con il metodo classico oltre a Vermentino e Cannonau. Lo saluto dal palco perché abbiamo studiato assieme per cinque anni e ci siamo diplomati con il massimo dei voti. Io musicista e lui produttore di vini. Leonardo Marras ne dovrebbe essere contento. Evviva la creatività dunque!
Con Gianni Simula arriviamo a Tresnuraghes che sono le sei del pomeriggio. Siamo abbastanza provati dal pranzo e dalla giornata ma la bellezza del posto del concerto di stasera ci ripaga perché è una vecchia cartiera sabauda dell’Ottocento mai finita e in stato di abbandono. Questa si trova in prossimità del Rio Mannu che scorre a pochi metri e gli abitanti di Tresnuraghes la chiamano “Sa Fabbrica”. Pare che quella zona della Planargia, tra i villaggi di Tresnuraghes e di Cuglieri, fosse ricca di canna nana e che questa fosse particolarmente preziosa per la produzione della carta. Fu ai primi dell’Ottocento che la volontà Reale decise di impiantarvi una cartiera per abbattere i costi ma dopo pochi anni si accorsero che l’impresa era fallimentare e anti economica e per questo decisero di abbandonarla senza peraltro concludere l’opera di costruzione. Da allora, a parte la crescita delle canne e dei cespugli di rovo che hanno totalmente aggredito lo stabile, non è successo niente se non il lento cedere della struttura muraria fatta peraltro con volte a botte e con architravi in pietra pregiata fatta arrivare da lontane cave sarde. Dopo quasi duecento anni l’idea di organizzare un concerto proprio davanti alla struttura che è diventata un teatro magnifico grazie al lavoro dei nostri tecnici che non solo la hanno illuminata ma che hanno sparato sul muro scrostato e pericolante le immagini in diretta del concerto in duo con Furio Di Castri. Anche qui c’è il comitato “No Radar” perché uno dei quattro radar per monitorare il flusso migratorio dovrebbe essere installato proprio nel Comune di Tresnuraghes che è famoso né per la Cartiera Sabauda né per la bellezza del territorio ma perché lo scorso anno c’è andato George Clooney con la Canalis che è di Alghero e adesso la gente ha anche capito che a Tresnuraghes c’è un mare bellissimo e delle spiagge altrettanto belle. Viva George, anche se non sta più con la Canalis! Alla fine del concerto che era meditativo e tutt’uno con quel luogo unico ha voluto prendere la parola il Sindaco Antonio Cinellu per un saluto e per informare del ricorso al TAR, per ora positivamente accolto, sull’installazione del Radar. “Sai che da quando lo Stato Regio aveva deciso di lasciare la cartiera a metà in questo posto non era mai avvenuto niente e stasera c’erano qualche migliaia di persone?”. “Ottimo luogo per fare concerti e per fare altro” gli rispondo. Una bella alternativa alla piazza del paese per quanto il luogo sia distante ben sette chilometri. Certo, la Cartiera Sabauda è da consolidare ma è un posto magnifico.
Ripartiamo alla volta di Oristano. Un altro luogo che è nato o rinato. O forse che ha solo bisogno di crescere come le canne nane del Rio Mannu.

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