Virtuosismi d’acqua e di luce allo Squero

Per la stagione dei concerti all’Auditorium “Lo Squero” nell’Isola di San Giorgio a Venezia l’ensemble l’Arte dell’Arco festeggia i suoi primi trent’anni con una “playlist barocca” e i celebri concerti vivaldiani delle Quattro Stagioni

SN

05 ottobre 2025 • 4 minuti di lettura

L'Arte dell'Arco
L'Arte dell'Arco

Auditorium Lo Squero, Venezia

L'Arte dell'Arco

04/10/2025 - 04/10/2025

All’Auditorium “Lo Squero” di Venezia, l’appuntamento con l’ensemble L’Arte dell’Arco è l’occasione per una doppia celebrazione: da un lato i trent’anni dalla fondazione del gruppo, dall’altro l’anniversario dei tre secoli dalla pubblicazione dei celebri concerti del Cimento dell’Armonia e dell’Invenzione di Antonio Vivaldi, stampati ad Amsterdam nel 1725. Un’occasione che il violino principale Federico Guglielmo, anima e guida della compagine, ha voluto trasformare in una festa della musica barocca di area veneta ma non solo, scandita da un programma di grande varietà e da un’interpretazione capace di coniugare rigore storico e vitalità espressiva.

La prima parte del concerto è stata concepita come un percorso antologico, una sorta di “playlist barocca” che accostava pagine celeberrime ad altre decisamente meno frequentate, tutte però accomunate da un alto grado di inventiva. L’apertura con il Canone e Giga in re maggiore P. 37 di Johann Pachelbel ha restituito al pubblico la fisionomia completa di una composizione spesso ridotta al solo Canone, oggetto di infiniti adattamenti e trascrizioni. L’esecuzione a tre violini sostenuti da viola, violoncello, violone e clavicembalo, ha rivelato la freschezza di una scrittura basata sulla sovrapposizione di voci imitate con sapiente gradualità, mentre la successiva Giga, molto meno eseguita, ha regalato un momento di leggerezza quasi danzante, dove il ritmo si è fatto più serrato e brillante.

Dalla Germania del tardo Seicento si è passati all’Italia con la Passacaglia op. 22 di Biagio Marini, bresciano di nascita ma attivo soprattutto a Venezia, figura fondamentale per lo sviluppo della tecnica violinistica. Il brano, costruito sulla ripetizione ciclica di un basso ostinato, si sviluppa in una serie di variazioni che alternano tensione e distensione. Qui l’ensemble ha offerto una lettura intimista e riflessiva, in cui la tavolozza timbrica degli archi si è arricchita di sottili contrasti dinamici, esaltando la natura meditativa del pezzo. Il successivo Concerto in do minore op. 1 n. 4 di Giacomo Facco, veneto di nascita ma noto soprattutto per il suo lungo servizio ai reali di Spagna, ha rappresentato la sorpresa del programma. Compositore oggi poco noto, Facco fu in realtà stimato ai suoi tempi per la sua musica orchestrale e vocale, prima di cadere nell’oblio. Nel suo concerto, articolato in tre movimenti (Allegro assai – Grave staccato – Allegro assai), emergono con chiarezza le influenze vivaldiane ma anche una voce autonoma, capace di slanci melodici e contrasti drammatici. È in questo contesto che Federico Guglielmo ha sfoggiato un virtuosismo di rara naturalezza: la sua tecnica impeccabile, unita a una tavolozza di colori sempre varia, ha reso ogni frase non solo una prova di bravura ma un discorso musicale coerente e coinvolgente. 

Con la Follia del veneziano Domenico Gallo si è ritornati al tema della variazione sul celebre motivo di origine iberica e oggetto di numerose composizioni di epoca barocca ma in questo caso declinato in senso estroverso e quasi teatrale. Gallo – autore anche poco noto e legato “suo malgrado” al Pulcinella di Stravinsky, che riutilizzò alcuni temi delle sue Trio sonate attribuendoli erroneamente a Pergolesi – ha mostrato un continuo alternarsi di affetti: dalle sezioni brillanti e vivaci a quelle più introspettive, con l’ensemble sempre compatto nel restituire i repentini cambi di affetti. La scrittura, più tarda rispetto a quella di Marini, rivela un gusto già settecentesco per il contrasto e per il gioco espressivo, reso con finezza dagli interpreti. 

La seconda parte del concerto è stata interamente dedicata ad Antonio Vivaldi con l’esecuzione dei primi quattro concerti del Cimento dell’Armonia e dell’Invenzione ossia i celeberrimi concerti delle Quattro Stagioni, culmine dell’opera vivaldiana e banco di prova immancabile per qualsiasi violinista. Eseguirle “a parti reali”, senza il supporto di una grande orchestra, ha permesso di apprezzare la modernità del linguaggio vivaldiano in tutta la sua immediatezza. Ogni dettaglio — dalle imitazioni dei fenomeni naturali (tuoni, piogge, venti) alle raffinate soluzioni armoniche — emergeva con chiarezza, senza che la forza del discorso fosse attenuata da sonorità strumentali più dense. Nella “Primavera” il violino di Guglielmo si è fatto luminoso e gioioso, restituendo con grazia il canto degli uccelli e la danza pastorale. Nell’“Estate” ha assunto toni impetuosi, dal controllo serrato dell’Allegro non molto alla piena energia del Presto finale, dove la tempesta ha preso corpo con forza evocativa e immancabilmente strappato l’applauso convinto del pubblico. L’“Autunno” ha alternato leggerezza ironica — danze e sonno contadino — a vigore, con la scena della caccia, mente l’“Inverno” ha segnato il vertice poetico del ciclo: freddezza tagliente, lirismo sospeso e dinamismo conclusivo si sono fusi in un’esecuzione che ha distillato precisione tecnica e intensità espressiva. 

Accanto a Guglielmo, i compagni di viaggio — Giampiero Zanocco e Alessia Pazzaglia ai violini, Mario Paladin alla viola, Francesco Galligioni al violoncello, Paolo Zuccheri al violone e Roberto Loreggian al clavicembalo — hanno dato prova di grande coesione e sensibilità. L’ensemble ha mostrato una naturalezza nel fraseggio e un gusto per il colore “veneziano”: luminoso, vibrante, mai appesantito, capace di rendere omaggio a quella tradizione sonora che da secoli caratterizza la musica della Serenissima. 

Il pubblico, accorso numeroso nello spazio suggestivo dell’Auditorium con vista sulla laguna, ha seguito con attenzione e partecipazione ogni fase del concerto, tributando agli interpreti applausi calorosissimi e ripetuti.