Violetta e gli spettri di Freyer

A Mannheim va in scena la "Traviata" di Achim Freyer nel segno di un'interpretazione fortemente personale e coerente con il proprio universo espressivo. Regia forte ma resa musicale discontinua, con una protagonista non del tutto all'altezza alla complessità del ruolo. Caldo successo con qualche contestazione a Freyer. Caldamente sconsigliato ai puristi verdiani.

Recensione
classica
Nationaltheater Mannheim
Giuseppe Verdi
08 Dicembre 2007
È difficile giudicare questo spettacolo che si fa ammirare più per la coerenza di un maestro della scena quale Achim Freyer con il suo universo espressivo lontano sia dall'iconografia classica stratificata nella memoria di noi spettatori sia da ogni lettura intimistica o psicologistica forse imprescindibile per quest'opera. Non è la "Traviata" di Verdi ma la "Traviata" di Verdi vista da Achim Freyer, cioè da un artista dalla forte cifra personale che rivisita un soggetto popolare e lo racconta attraverso il suo linguaggio di segni. Poco incline all'introspezione psicologica ma anche a interpretazioni sociali o politiche, Freyer racconta la storia di Violetta come una danza macabra popolata di burattini spettrali dai quali la protagonista cerca invano di fuggire. Costruito su simmetrie (la vita e la morte, lo specchio immaginario che le separa) e su oggetti e colori dalle forti connotazioni simboliche, lo spettacolo trova i suoi momenti più felici nelle due feste risolte con estro grottesco di straniante efficacia. Funziona meno nei passaggi intimistici, per la meccanica gestualità che svuota di senso i dialoghi e annulla ogni dinamica drammaturgica. Se il segno registico è forte, lo stesso non si può dire per la resa musicale. La direzione di Rolf Gupta è elegante, non cade nel facile, ma complessivamente è poco incisiva. E nemmeno la protagonista Cornelia Ptassek offre una prova del tutto convincente, complici un fraseggio deficitario e una dizione ai limiti del comprensibile. Discrete le prestazioni di Jean-François Borras (Alfredo) e Thomas Berau (Germont). Rendiamo atto che non aiutava comunque la spersonalizzazione imposta dalla regia. Il pubblico risponde con calore e riserva solo qualche isolato dissenso a Freyer. Caldamente sconsigliato ai puristi verdiani.

Interpreti: Cornelia Ptassek (Violetta Valéry), Jean-François Borras (Alfredo Germont), Thomas Berau (Giorgio Germont), Yanyu Guo (Flora Bervoix), Katrin Wagner (Annina), Tobias Haaks (Gastone), Boris Grappe (Barone Douphol), Martin Busen (Marchese d'Obigny), Patrick Schramm (Dottor Grenvil), Veliko Totev (Giuseppe), Wolfgang Geissler (Un domestico di Flora), Stephan Somburg (Un commissario)

Regia: Achim Freyer

Scene: Achim Freyer

Costumi: Amanda Freyer

Orchestra: Nationaltheater-Orchester Mannheim

Direttore: Rolf Gupta

Coro: Chor des Nationaltheaters Mannheim

Maestro Coro: Tilman Michael

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