Verona tra Verdi e Wagner

Nabucco in Arena, cinque mostre in città

Recensione
classica
Emozionarsi davanti alla cappa nera con i cerchi olimpici di Pavarotti o sentirsi piccolissimi come Alice nel Paese delle Meraviglie in mezzo alle scenografie di "Aida”? Verona quest’ anno festeggia i 100 anni d’opera all’Arena (era il 10 agosto 1913 quando per la prima volta nell’Anfiteatro Romano andò in scena Aida) e prima di andare all’opera il melomane si può divertire come un bambino a Gardaland visitando le quattro mostre ospitate all’ Amo (Arena Museo Opera) o la mostra "Werdi Vagner" (proprio così con le V invertite) al Palazzo della Gran Guardia (fino all’8 settembre). Così in un caldissimo pomeriggio d’agosto ho visitato cinque mostre prima di assistere al "Nabucco” che segnava il ritorno operistico in Italia di Placido Domingo (nel ruolo baritonale del protagonista) poco più di 40 giorni dopo il ricovero in un ospedale di Madrid per un’embolia polmonare.

Visitando Amo a Palazzo Forti non bisognerebbe avere fretta per gustare le sorprese di ogni sala: c’è l’esposizione permanente “Dall’Idea alla Scena” che racconta il mondo dell’opera con partiture autografe e libretti, costumi che puoi toccare per far partire un video che ti spiega come lavora la sartoria dell’Arena, ci sono leggii che sfogli per ascoltare celebri interpretazioni o schermi che tocchi per sentire la Callas che canta "Traviata” e seguire contemporaneamente lo spartito, poi tiri una tenda blu e ti trovi dentro una scena di "Aida” con obelischi, sfingi, faraoni…Nella zona archeologica, al piano terra, 100 foto sull’Arena: storici "biancoeneri” con pubblico in coda e Callas e Serafin in platea, all’ultimo piano 100 anni di Festival attraverso 200 anni di Verdi con i costumi di “Macbeth,” rossi e inquietanti e i poster storici. Fino al 3 novembre si può fare un viaggio nell’Universo Pavarotti: le sue agende e le sue carte da gioco, gli spartiti e i cappelli, i premi e le foto con i grandi della terra, un interessantissimo video inedito con il tenore che ristudia “Turandot” nel 1997 per cantarla al Met e candidamente e simpaticamente dichiara: «Ho un problema, sto riascoltando come la cantavo 20 anni fa: che voce che avevo!». Impossibile non emozionarsi rivedendo il video della sua ultima esibizione pubblica il 10 febbraio 2006 quando allo Stadio Olimpico di Torino cantò “Nessun dorma” alla cerimonia d’apertura dei Giochi Olimpici Invernali e lì accanto c’è proprio il mantello nero che indossava quella sera con i luccicanti cinque cerchi ricamati sul cuore.

Alla Gran Guardia Verdi e Wagner “giocano” insieme, cinque sale con cinque temi per metterli a confronto senza rivalità. Su un video scorre l’ouverture del "Tannhauser” con un montaggio che alterna direttori diversi (impressionante il gesto di Markevitch!), su un altro montaggio alternato per la sinfonia della "Forza del destino” (imperdibile l’attacco dei violoncelli di Karajan), tenori a confronto con schermi posti sui busti dei compositori, un interessantissimo video sulle regie del "Tristano” e un gioco finale sui film che hanno utilizzato "Werdi e Vagner” come colonna sonora: sarebbe bello che questa mostra, dopo Verona, diventasse itinerante.

Con Verdi e Wagner ancora nelle orecchie ho attraversato la piazza e sono andata ad ascoltare "Nabucco” e a stupirmi ancora una volta per la longevità vocale di Domingo. “If i rest I rust”, ovvero “se mi fermo arrugginisco” è il suo motto ed è proprio vero: ascoltando il toccante “ Dio di Giuda” o la baldanza tenorile che sfodera per cantare la cabaletta “O prodi miei seguitemi” non si può che applaudire un cantante che ogni volta si mette in gioco fino in fondo, senza risparmiarsi mai. E quando esce alla ribalta per lui è subito standing ovation (15.000 persone che si alzano simultaneamente in piedi è un bel vedere) e lancio di mazzolini di fiori tricolori (forse qualche nostalgico che aveva visto alla mostra la scena di “Senso” con “la pira?). Nel 2014 ha già promesso che tornerà in Arena per un Gala.

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