Utrecht suona inglese III

Un bilancio del festival

Recensione
classica
Neppure la pioggia battente ferma il pubblico del Festival di Musica Antica di Utrecht, e le biciclette che sfrecciano in tutte le direzioni, e alle 13 (l'ora dedicata ai virginalisti) ci si ritrova nella Lutherse Kerk, dove Catalina Vicens ha presentato un ritratto di Giles Farnaby, e il giorno seguente Carole Cerasi quello di Thomas Tomkins. Clavicembali e virginali sono copie di strumenti d'epoca, e alla fine dei concerti attirano il pubblico che mostra un invidiabile interesse e amore nei confronti della musica antica, certamente incentivato da questo Festival che riunisce uno straordinario numero di artisti. Sento dire in giro che anche i concerti della sezione Fringe, a ingresso libero, sono piuttosto interessanti, ma a Taverner e Byrd interpretati da The Tallis Scholars non si può rinunciare se si vuole entrare nel cuore della musica inglese del Cinquecento e di questo ensemble che è una solida istituzione nel panorama musicale britannico. La sorpresa della serata è l'opera Semele, non di Handel ma di John Eccles. Ironia della sorte non venne messa in scena all'epoca della sua creazione, il 1707, ed è stata rappresentata per la prima volta solo nella seconda metà del Novecento, ma non la conosce quasi nessuno, ed è una piacevole scoperta. Sulla scia di Purcell, si sente l'eco della tradizione del masque e allo stesso tempo l'assimilazione del modello italiano nelle sequenze di recitativi e arie, e la vivace esecuzione in forma di concerto dell'ensemble La Risonanza è stata molto apprezzata dal pubblico e ha lasciato il buonumore nell'aria della sala grande del Tivoli Vredenburg.

Non c'è stata iniziativa che non abbia trovato un pubblico pronto ad accoglierla, sia che si trattasse delle brevi conferenze di fine pomeriggio, che dei concerti del mattino. Ascoltare le musiche dello stravagante musicista-soldato Tobias Hume, magnificamente proposte dall'esemble Les Basses Réunis, è stato un vero e proprio tonico per la mente e i sensi, e abbandonarsi poi all'incanto della radiosa voce di Anne Azema che ha intonato versi di canzonieri medievali è stato un piacere assoluto, nello spazio ideale della chiesa neogotica di St.-Willibrord. Ma il concerto dell'ensemble Dialogos è andato ancora più indietro nel tempo, e scavando nel Tropario di Winchester ha suggestivamente messo in luce alcune delle più antiche polifonie d’Europa. Come già scritto in precedenza non è stato possibile seguire tutto quello che il ricchissimo programma ha offerto, anche perché nel pomeriggio si doveva scegliere fra un concerto e l'altro, mentre dalla Torre del Duomo le numerose campane e il celebre carillon di Utrecht, suonate manualmente, intonavano ogni giorno brani differenti, da Tallis fino a Boyce, ossia due secoli di musica inglese. Fra tanti gruppi importanti e famosi compariva il nome di un ensemble che non ha mai inciso un disco, Officium, ma che aveva preparato con cura un delicato e ispirato concerto dedicato a Byrd e Tallis. Per fortuna con il calar della sera scompariva il dilemma della scelta, e l'attenzione si concentrava sul palco della Grote Zaal ottagonale del Tivoli, dove ha suonato un grande broken consort dal nome altisonante di Capriccio Stravagante Renaissance Orchestra, come annunciato dal titolo del concerto "King-sized consorts", che attingendo prevalentemente dalla antologia Terpsichore di Praetorius e dalle danze pubblicate da William Brade, violista e violinista inglese attivo in Germania, ha assemblato quattro monumentali suites. All'estremo opposto, al piano più alto nel Club Nine, destinato abitualmente al jazz, si è scatenata una divertente e volutamente sgangherata performance dei Barokksolistene, tesa ad immaginare il clima musicale delle taverne nella Londra all'epoca del Protettorato di Cromwell. E ancora lo stesso periodo della guerra civile è stato ricordato attraverso i songs destinati alle esecuzioni private di William e Henry Lawes, di Jenkins e di Locke interpretati da Charles Daniels, accompagnato da viola da gamba e tiorba.

Negli ultimi due giorni del Festival si è registrato il tutto esaurito per Dido and Aeneas di Purcell, interpretato come un poutpourri da L'Arpeggiata & Voces8, con aggiunte di songs provenienti da musiche di scena per il teatro dello stesso autore, e improvvisazioni varie con contaminazioni ritmiche e timbriche esotizzanti e plateali travestimenti di una parte dei cantanti. Poi dopo un concerto dedicato a Byrd proposto dal Ricercar Consort, nell'intimità del concerto di mezzanotte le lacrimose perle dei songs di Dowland intonati da Jeffrey Thompson accompagnato da Bor Zuljan hanno cullato gli spettatori lasciando posare quel sottile velo di malinconia che pervade tutta la musica elisabettiana. Ma la passione per l'arte musicale della dinastia Tudor è stata evidenziata anche dall'ensemble Capella de la Torre, che nel Duomo fra diverse musiche di autori anonimi ha eseguito tre songs composti da Enrico VIII, e da un bel concerto di Cantar Lontano e Rossoporpora, dedicato ai madrigali di Alfonso Ferrabosco, compositore bolognese che entrò a far parte della corte di Elisabetta I, diffondendo l'arte della polifonia profana italiana negli ambienti musicali britannici. Per il concerto di chiusura di England my England niente fuochi di artificio, ma la sostanza delle commoventi polifonie del longevo Thomas Tallis, che operò nella Chapel Royal dall'epoca di Enrico VIII fino a quella di Elisabetta I, interpretate da Gli Angeli Genève che sarà l’ensemble in residenza per l'edizione 2016 dedicata a Venezia. Nel frattempo il gruppo Vox Luminis a metà giornata si era congedato eseguendo lo spettacolare mottetto Spem in alium di Tallis a porte aperte nella sala grande del Tivoli, come evento inaugurale della penultima delle sei Domeniche Culturali del 2015, manifestazione sostenuta dalla amministrazione di questa accogliente città in collaborazione con varie istituzioni culturali, educative e ricreative. Stamattina a Festival concluso, ancora si sentono le campane della Torre del Duomo intonare il rondeau che Purcell scrisse per le musiche di scena di Abdelazer e che Britten ha utilizzato per la sua Young Person's Guide to the Orchestra...

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