Una Tosca in technicolor

Puccini sul set allo Sferisterio di Macerata

Tosca
Tosca
Recensione
classica
Sferisterio di Macerata
Tosca
22 Luglio 2022 - 31 Luglio 2022

Prima opera in cartellone per il Macerata Opera festival, Tosca è firmata Valentina Carrasco per la regia,  Donato Renzetti per la direzione musicale, Silvia Aymonino per i costumi e Samal Blak per le scene.   L’idea della regista è stata quella di rispettare l’angolazione temporale dell’azione (che si svolge in un giorno preciso, il 14 giugno 1800) ma di porla sul piano della finzione, quella di un film intitolato “La battaglia di Marengo”, interpretato dall’attrice Floria Tosca, prodotto dallo Scarpia Pictures e diretto da Valentina Carrasco: il nome della regista compare insieme a  quello dei personaggi nei titoli di testa, cosa che fa quindi già presagire l’intreccio di due piani narrativi. Il film, proiettato sul muro dello Sferisterio,  è quindi ambientato in epoca napoleonica ed è girato da una troupe  americana negli anni 50, in pieno maccartismo,  Angelotti e Cavaradossi essendo attori perseguitati perché accusati di filo-comunismo. Ma in realtà le due dimensioni, pur molto diverse, colorate con le tinte  un po’ kitsch del technicolor quelle della finzione filmica, e in bianco e nero quelle reali, si intrecciano continuamente, un po’ perché  così si vuole (la Carrasco, nelle note di regia, scrive proprio cosa vorrebbe accadesse allo spettatore, “confondere realtà e finzione”) un po’ perché il doppio piano narrativo non sempre scorre felicemente. Talvolta ha bisogno di didascalie molto esplicite che appesantiscono la scena (le proiezioni di titoli di giornali americani che denunciano la presenza di comunisti a Hollywood, o le liste di artisti ed intellettuali perseguitati) talvolta crea macroscopiche discrepanze con il libretto (Roma che tremava di fronte al produttore americano Scarpia? La vittoria di Napoleone a Marengo che viene annunciata sempre a lui, il produttore americano? Diciamo che è qui, ad esempio, che lo spettatore confonde realtà (quella di Puccini, Illica e Giacosa) e lettura della regista.

Poi però alcune idee sono state fantastiche, perché hanno aumentato lo spessore emotivo dei momenti più intensi dell’ opera, come un esaltatore di sapidità per un cibo già buono di per sé (e qui le scelte registiche acquistano “senso”): il dolore di Tosca e la messa a nudo del suo puro animo in “Vissi d’arte” sono filmati con sadismo dal voyeur Scarpia; l’occhio sfacciato della telecamera è anche su un primo piano del viso di Cavaradossi nel fremente “E lucevan le stelle” e durante la tortura (e qui bisogna dire che Antonio Poli aveva una espressività molto naturale) e del viso di Scarpia nel momento della morte. Anche il suicidio di Tosca è ben risolto con un filmato che la riprende mentre sale le scale, dopo essere scomparsa dietro le quinte, e si getta nel vuoto.

I tre protagonisti (Poli, come già detto è Mario, Carmen Giannattasio Tosca e Claudio Sgura il barone Scarpia) hanno cantato tutti  bene; Poli ha bella voce equilibrata in tutti i registri, la Giannattasio un bel timbro e un perfetto controllo dell’emissione. Sgura, cantante di grande esperienza, ha ben interpretato il ruolo complesso del personaggio, anche se a volte l’emissione è sembrata poco proiettata in avanti. Renzetti, alla guida della FORM- Orchestra Filarmonica Marchigiana, ha prediletto tempi comodi privilegiando la cantabilità delle belle melodie pucciniane.

 

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