Una Bohème da manuale
Al Modena Belcanto Festival con la regia di Leo Nucci
30 settembre 2025 • 4 minuti di lettura
Teatro Comunale Pavarotti-Freni, Modena
La Bohème
26/09/2025 - 28/09/2025A Modena dal 25 settembre al 12 ottobre va in scena la seconda edizione del Modena Belcanto Festival, dedicato al rapporto tra la città emiliana e la storia del canto lirico, che fin dal XVIII secolo trovò nella città della Ghirlandina un centro propulsore di numerose attività cameristiche e oratoriali. Oltre a far riemergere le radici del belcanto, la kermesse è impegnata nella cura e nella diffusione dell’eredità di coloro i quali, proprio a Modena, sono stati i principali fautori della modernizzazione di tale stile, ovvero Luciano Pavarotti e Mirelli Freni (come è noto, il teatro comunale è appunto intitolato ai due artisti). Per questo motivo e per concludere (forse un po’ in ritardo) i festeggiamenti del centenario della morte di Puccini – grande innovatore, tra gli altri, dello stile vocale italiano (tradizione e sperimentazione sono i numi tutelari dal festival, non a caso l’edizione precedente vide sul palco del Comunale I Puritani, opera belcantista par excellence) – si è scelto come titolo di punta La Bohème. L’allestimento è una ripresa di quello firmato da Leo Nucci, una coproduzione con Fondazione Teatri di Piacenza, la cui circolazione, dopo il debutto nel 2019, è stata fortemente limitata dalla pandemia.
Il grande baritono rifiuta il ruolo di regista, definendosi umile metteur en scene al servizio dell’autore, poiché la regia sarebbe già contenuta nella musica di Puccini. In effetti, la messinscena spesso si rifugia nella comoda e – occorre ammetterlo – piacevole “regia delle pose plastiche” ed è dichiaratamente di natura tradizionale, eccezion fatta per l’inserimento in apertura del secondo quadro di una fanciulla che intona con l’accordéon (una fisarmonica a bottoni) quel Piccolo valzer scritto dal compositore di Torre del Lago nel 1894 e poi diventato la celebre aria di Musetta: una variazione rispetto al libretto, ma comunque aderente alla realtà storica di composizione dell’opera. Insomma, un tradimento che in realtà ribadisce il rispetto del regista verso la materia trattata. Tuttavia, l’allestimento di Nucci non è privo di interesse, infatti è lodevole il modo in cui dietro l’apparente fissità di quelle pose si cela il dinamismo emotivo dei rapporti tra i personaggi, tutto costruito sulla relazione tra movimento e stasi sul palcoscenico: si vedano l’intensità del duetto tra Mimì e Rodolfo nel primo quadro (in particolare il reciproco guardarsi e ascoltarsi), la commovente tragicità dell’ultimo (lo straziante abbraccio virile con cui Schaunard consola Rodolfo – e pure se stesso – prima della fine) o la fiabesca intuizione di lasciare sospesi e immobili alcuni fiocchi di neve durante l’addio tra gli innamorati davanti alla Barriera d’Enfer.
Sul fronte musicale, si applaude un cast davvero affiatato e mediamente di alto livello. Claudia Pavone (Mimì) esibisce un registro acuto di notevole spessore, solide messe di voce e un vibrato ben bilanciato e sfoderato mai come mero vezzo, ma spesso come correlativo vocale di un determinato momento psicologico. Il risultato è una caratterizzazione compatta e appassionata, dovuta anche alla strabiliante aderenza del canto alle parole del libretto, sempre intellegibili. Galeano Salas (Rodolfo) si fa notare per il colore chiaro e luminoso dello strumento, sempre intonato anche nelle sezioni tecnicamente più impervie, in una prova vocale quasi senza sbavature e apprezzabile anche per l’intensità dell’emissione. Le più che sufficienti doti attoriali e l’ottimo affiatamento con il soprano garantiscono al tenore messicano il meritato successo, un ulteriore pregiato tassello di una carriera sempre più interessante. Accanto a Rodolfo e Mimì, si posiziona per contrasto la coppia focosa e litigiosa di Marcello e Musetta, interpretati rispettivamente da Sergio Vitale, baritono vocalmente robusto e istrionico, e Mariam Battistelli, soprano di bella presenza e particolarmente commovente nell’ultimo quadro, merito di un registro centrale intonato e ben gestito. A completare il gruppo dei bohémiens sono i validissimi e intonati Gianluca Failla, che convince per l’energia giovanile con cui veste i panni del musicista Schaunard, e Alberto Comes, che nelle vesti del filosofo Colline ipnotizza la platea con voce profonda e sicura durante la corretta esecuzione di Vecchia zimarra. Completa il cast Tamon Inoue, comicamente irresistibile nel doppio ruolo del vecchio Benoit e dell’ingenuo Alcindoro. Infine, più che apprezzabili gli interventi del Coro lirico di Modena durante il secondo quadro.
Sul podio Aldo Sisillo, che trova una buona sintonia con le voci sul palcoscenico senza rinunciare a un’approfondita scansione emotiva di una partitura così difficile e articolata. I gesti semplici e chiari del direttore guidano la Filarmonica del Comunale in un’interpretazione toccante, caratterizzata da una dolcezza patetica che ammanta candidamente tutti gli eventi della trama.