Una "Battaglia" vinta a metà

Accoglienza tiepida al Teatro Massimo Bellini di Catania per "La Battaglia di Legnano" di Giuseppe Verdi, opera giovanile pressoché dimenticata. Attenta la direzione di Nello Santi. Apprezzabile la presenza vocale e scenica di Elisabete Matos, affiancata da Cesar Hernandez e Giorgio Cebrian. Deludente la regia di Walter Pagliaro.

Recensione
classica
Teatro Massimo V. Bellini Catania
Giuseppe Verdi
18 Dicembre 2001
Ancora un omaggio a Verdi nel centenario della morte. Catania, pur se impegnata nelle manifestazioni belliniane, non poteva dimenticare l'importante anniversario. Dopo "Simon Boccanegra" con Renato Bruson, dopo conferenze, tavole rotonde e concerti verdiani, è andata in scena ieri sera al Teatro Massimo Bellini, per la prima volta nella città etnea, "La battaglia di Legnano". Opera giovanile pressoché dimenticata, ispirata alla tragedia "La bataille de Toulouse" di Joseph Méry, fu rappresentata dopo "Il Corsaro" e prima di "Luisa Miller": nel gennaio 1849 nel clima ruggente della Roma repubblicana. E di furore patriottico, che sarà poi abbandonato da Verdi per la psicologia degli affetti privati, sono intrisi il libretto e la partitura. Ma l'amor di patria non è l'unico "fil rouge": a un tema marziale, quella della lotta della Lega Lombarda contro Barbarossa, il "rapace fulvo signor" per dirla con le parole di Salvatore Cammarano, se ne intreccia uno intimista, la storia passionale di Lida e Arrigo. "L'eloquenza concitata di questa musica", come osservò Montale, è stata messa a fuoco nello spettacolo catanese. Merito dell'attenta direzione di Nello Santi, alla guida dell'orchestra del teatro, dalla quale è riuscito a cavare belle sonorità, ora morbide, ondeggianti, ora vigorose, vibranti di impulsi patriottici. Di rilievo, sia musicalmente sia teatralmente, il finale del primo atto (la vicenda si svolge a Milano e a Como nel 1176). Il dramma riesce a svincolarsi dalla parata guerresca di cori, marce, fanfare: da un lato c'è l'ira di un amante tradito, Arrigo, Otello in embrione ("T'amai qual angelo, or qual demon t'abborro!"), dall'altro le giustificazioni della donna, adesso sposa di Rolando. Diverbio commentato drammaticamente dall'orchestra e ben reso dai due interpreti, Cesar Hernandez ed Elisabete Matos. Ma anche quando Arrigo salta dal balcone, "novello" Cherubino, per andare a combattere è un momento di indubbia efficacia scenica. Lo ha saputo capire il regista Walter Pagliaro che ha messo dinanzi al personaggio, piuttosto che una semplice porta serrata, un'imponente, simbolica cancellata di ferro davanti alla quale si disperava prima di decidere di saltare. Nel resto dell'opera, però, la regia ha deluso. I protagonisti, in abiti medievali, cantano quasi sempre su strutture sopraelevate, ora una sorta di carri mobili che si compongono e scompongono ora una specie di palchetti sul palcoscenico. Il coro, cioè il popolo, in abiti moderni, guarda invece dal basso. Sembra una grande rappresentazione popolare da stampa illustrata, come del resto potrebbero suggerire i colori dei cartelli, messi in alto, con i titoli che Cammarano diede ai quattro atti. Ammettiamo pure questa lettura. Ma perché, allora, presentare il figlio di Lida e Rolando vestito in modo moderno? E perché far apparire una bicicletta? Non aiutavano in tal senso le scene e i costumi di Ivan Stefanutti, pur se gradevoli. Dal punto di vista vocale è andata meglio. Elisabete Matos ha cantato con apprezzabile presenza vocale e scenica sin dal monologo iniziale, la cavatina "Quante volte come un dono". Cesar Hernandez ha mostrato tecnica notevole, ma voce lievemente aspra soprattutto negli acuti. Suadente Rolando è stato Giorgio Cebrian, che ha sfoggiato un timbro caldo e uno stile quasi impeccabile. Pregevoli i loro terzetti, come quello finale aperto da Arrigo ("Per la salvata Italia..."), ferito dopo aver disarcionato Barbarossa sui campi di Legnano. Nel cast, tra gli altri, un fiero Manrico Signorini nel ruolo di Barbarossa e un vendicativo Francesco Palmieri in quello di Marcovaldo, entrambi validi interpreti. Da non dimenticare gli interventi del coro maschile. Tiepida l'accoglienza del pubblico.

Interpreti: Signorini, Leoni, Nardinocchi, Tisi, Cebrian / Zese, Matos / Marfisi, Hernandez / Jelmoni, Palmieri, Sofia, Zizich

Regia: Walter Pagliaro

Scene: Ivan Stefanutti

Costumi: Ivan Stefanutti

Orchestra: Orchestra del Teatro Massimo Bellini

Direttore: Nello Santi / Marco Pace

Coro: Coro del Teatro Massimo Bellini

Maestro Coro: Tiziana Carlini

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