Un peruviano a Roma

Una serata di belle voci rossiniane all'Opera di Roma per "L"italiana in Algeri", con Flòrez-Lindoro in particolare spolvero. Non convince la regia di Scaparro.

Recensione
classica
Teatro dell'Opera Roma
Gioachino Rossini
22 Ottobre 2003
Sarà un brutto colpo per qualcuno ai piani alti sapere che alla prima dell' "L'Italiana", all'Opera di Roma, a spopolare è stato un extracomunitario. Lui, il peruviano Juan Diego Flòrez, ha steso il pubblico romano con un Lindoro da mettere in cornice. L'opzione a questo punto è: dargli la nazionalità o il voto? Perché sembra tutto facile a questo ragazzo, che ha le perfette sembianze del bell'innamorato, ma anche voce da vendere e musicalità forte che naturalmente esprime con particolare sapienza nei da capo delle arie. E già da "Languir per una bella" per gli applausi rischia di venire giù il teatro, che poi non è neanche pienissimo. L'impostazione ancora molto naturale di Florez lo spinge a eccitare molto l'emissione, il che gli riesce bene avendo appena 30 anni, ed è anche più divertente per chi ascolta. Semmai viene il dubbio se riuscirà a lungo a cantare in questo modo, ma naturalmente è affar suo. In ogni caso sono senz'altro le belle voci rossiniane a fare spettacolo in questa Italiana: da Abdrazakov che arriva in porto tirando il suo Mustafà per i capelli con un notevole mestiere; a De Simone anche se un po' schiacciato sulla buffoneria di Taddeo; a un pulito Accurso nei panni di Haly. Per ultima abbiamo lasciato Daniela Barcellona, l'altra stella del cast, appena sotto tono rispetto all'ultima volta che l'avevamo ascoltata – in platea si favoleggia d'un pregresso raffreddore, fosse così andrà meglio alle repliche. Tuttavia questa Isabella non proprio spinta è piaciuta, anche perché la Barcellona non è mai sopita, anzi, più concentrata sul canto. Il tutto dentro la cornice della regia di Scaparro che ha spinto sul pedale dell'istrionismo. Collocata nella normale ambientazione turchesca, si è basata su un'unica scena, sezionata da separé orizzontalmente mobili, di legno intarsiato, che lasciavano trasparire quanto capitava dietro, con garantito effetto harem. Il lavoro maggiore del regista è stato dunque sulla recitazione degli attori, molto teatrale, come s'usa dire. Sarà pure vero che Scaparro scrosta una serie di gag di tradizione, ma per infilarci le sue, andando ben oltre la commedia, anche della commedia all'italiana o dell'arte, con scivolate nell'avanspettacolo. Qui si confessa il peccato capitale dello scrivente, che poco gradisce la versione commedistica di Rossini. Al di là dei gusti: è mai possibile che Mustafà fin da "Mi hai rotto il timpano" debba portare di continuo le mani alla testa, praticamente per tutta l'opera, in segno di disperazione, rabbia, sconcerto, esultanza, e qualsiasi altro stato d'animo... Si aggiunga che il povero Abdrazakov deve continuamente aggiustarsi il turbante che gli va largo e dal momento che ne cambia 4 o 5 nasce l'atroce dubbio: ma si tratta di un gag? E poi il Coro ogni volta che entra in scena ha in mano qualcosa, cuscini o fagotti, e si sventola senza posa coi ventagli; Taddeo è vestito come un beota... Notevole invece è stata la direzione di Frizza, ed è sembrato buono anche il lavoro di concertazione – croce e delizia delle contemporanee bacchette. L'Orchestra e il Coro gli sono andati appresso bene, per una delle serate musicalmente più riuscite cui s'è assistito all'Opera di Roma nel 2003.

Note: Allestimento del Teatro Massimo di Palermo

Interpreti: Daniela Barcellona /Agata Bienkowska, Ildar Abdrazakov/Carlo Lepore, Carla Di Censo/Brunella Bellone, Eufemia Tufano/Mariella Guarnera, Roberto Accurso/Filippo Morace, Juan Diego Flòrez/Giovanni Botta, Bruno De Simone/Giorgio Coaduro

Regia: Murizio Scaparro

Scene: Emanuele Luzzati

Costumi: Santuzza Calì

Orchestra: Orchestra del Teatro dell'Opera di Roma

Direttore: Riccardo Frizza

Coro: Coro del Teatro dell'Opera di Roma

Maestro Coro: Andrea Giorgi

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