Un concerto per la Riforma Luterana

Roma: il Festival di Musica Sacra si conclude ricordando i cinquecento anni della Riforma

 Matthias Grünert
Ensemble Instrumenta Musica diretto da Matthias Grünert
Recensione
classica
Roma, Basilica di Santa Maria del Popolo
Ensemble Instrumenta Musica diretto da Matthias Grünert
10 Novembre 2017

Non solo Wiener Philharmoniker al Festival Internazionale di Musica e Arte Sacra di Roma, ma anche altre proposte che, sempre nei più significativi luoghi sacri della capitale, offrono la possibilità di accostarsi a un repertorio particolarmente suggestivo. E’ quello che si può dire soprattutto del concerto con cui si è concluso  il Festival 2017. La scelta della data, del luogo e del programma non erano affatto casuali, dal momento che si è svolto proprio nel giorno del compleanno di Martin Lutero, all’interno della Basilica di Santa Maria del Popolo nella quale l’allora monaco agostiniano soggiornò durante il suo viaggio a Roma nel 1511-12, e ha visto l’esecuzione di musiche strettamente legate alla Riforma luterana. “Eine feste Burg ist unser Gott”, vero e proprio inno della Chiesa protestante, campeggiava non solo nel titolo del concerto ma anche all’interno del programma, insieme ad altre composizioni di Johannes Eccard, Samuel Scheidt e Heinrich Schütz: una serie di mottetti per voci e strumenti che hanno testimoniato il fondamentale ruolo affidato alla musica dallo stesso Lutero, ma al tempo stesso – grazie alla presenza del Lauda Jerusalem di Claudio Monteverdi – hanno pure evidenziato quei legami stilistici che, specie grazie a Schütz, si andarono a creare tra il repertorio cattolico e quello protestante proprio in un periodo altrimenti caratterizzato da un’estrema contrapposizione tra le due confessioni e dalle sue conseguenze belliche in Europa. L’Ensemble Instrumenta Musica – protagonista delle pagine strumentali di Michael Praetorius inserite in più punti del programma – e il Kammerchor der Frauenkirche Dresden sono stati efficacemente guidati da Matthias Grünert, che ha saputo sottolineare le trame polifoniche di tutti i brani sacri, in particolare quelli di Monteverdi e Schütz. Sostanzialmente buono il livello del complesso vocale ma, trattandosi di un gruppo semi-professionale, i limiti esecutivi sono emersi in più di un’occasione. Per un repertorio così ricco di spiritualità e di intima bellezza, ma anche così poco ascoltato nelle Chiese romane, perché non affidarsi in futuro a formazioni di più alta levatura che certamente non mancano in terra tedesca?

 

 

 

 

 

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