Un Barbiere per ripartire
Riprende la stagione lirica a Catania, nel segno della tradizione
Il Teatro Massimo Bellini ha riprogrammato nell’anno a venire gli spettacoli della stagione 2020, partendo dal Barbiere rossiniano appena andato in scena: un cartellone nel segno della tradizione, anche in chiave istituzionale (il teatro operistico catanese è considerato ‘di tradizione’ dalla legislazione, sebbene disponga di masse stabili e sia in attività tutto l’anno), così come – in sostanza – questa realizzazione del capolavoro comico di Rossini. La regia è quella già firmata a Torino da Vittorio Borrelli, con qualche variante additiva o sottrattiva: Berta si mostra giovane, le si può perciò consentire amoreggiamenti col capo delle guardie, e – nel solito horror vacui registico che emerge nelle bloccate strette finali d’atto – di rivaleggiare quale prima donna con Rosina; è mancata, durante il temporale, la rotazione delle quinte da interno (molto efficace l’ambientazione old style pre-illuminista, per caratterizzare l’asfissia comportamentale sofferta da Rosina sotto il giogo del tutore), per visualizzare da ambedue i fronti spaziali l’irruzione furtiva della coppia Almaviva-Figaro. Altre gag vanno meglio a segno, su tutte le penne-freccette scagliate dalla volitiva Rosina – durante la cavatina del primo atto – contro i quadri parrucconi del tutore ed avi, o le soluzioni adottate per le azioni musicali intradiegetiche.
Tra gli interpreti in scena, si lascia assai apprezzare la coppia don Bartolo – don Basilio: il primo è un Vincenzo Taormina solido, curatissimo nella dizione e tornito nel timbro, misurato ma efficace (senza essere caricaturale); il secondo è un Cristian Saitta granitico nell’appoggio e nella proiezione del suono, duttile nella resa attoriale. Molto positiva anche la prova di Marina Comparato, una Rosina pienamente mezzosopranile – anche nelle fioriture belcantiste – curata ed elegante nei fraseggi, sicura nell’emissione e sempre a sua agio nelle azioni. Alberto Gazale (Figaro) porta a casa il risultato con una buona dose d’istrionismo, qua e là vocalmente sopra le righe. Francesco Marsiglia (Almaviva) ha forse dovuto fronteggiare all’inizio un calo di voce, da cui alcune fini-frase terminate un po’ bruscamente, ma è andato migliorando nel corso della rappresentazione, risultando alla fine convincente (senza però affrontare l’impegnativa aria della parte finale del secondo atto). Complessivamente bene anche i comprimari (Federica Foresta, Gianluca Failla, Piero Leanza) e il Coro. Salvatore Percacciolo ha ottenuto le cose migliori dall’Orchestra del Teatro Massimo Bellini quando ha lavorato sulle mezze tinte sonore e sui contrasti dinamici più subitanei. Il pubblico – non numerosissimo – è sembrato apprezzare, senza entusiasmarsi.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
Applausi interminabili per il debutto lirico di Kirill Petrenko al Piermarini
La prima settimana della frastagliata rassegna di musica contemporanea
La versione di Massenet, la congiunzione astrale e Clouzot