Umano, molto umano il Wagner di McVicar

A Strasburgo seconda tappa del viaggio di David McVicar nell'epica wagneriana del "Ring". Riuscita la sua regia dal forte segno personale, cui non corrisponde un'esecuzione musicale piuttosto diseguale, con qualche luce ma anche parecchie ombre nel cast vocale. Appuntamento al 2009 per il "Siegfried".

Recensione
classica
Opéra du Rhin Strasburgo
Richard Wagner
18 Aprile 2008
Per la sua seconda tappa nell'universo del "Ring" – nel contenitore essenziale disegnato da Rae Smith, impreziosito dalle magiche luci di Paule Constable – David McVicar dissemina segni di un mondo arcaico per raccontare l'epica wagneriana, resa nella sua dimensione intensamente umana. C'è la violenza del sentimento di Sieglinde e Siegmund, ci sono i tormenti di Wotan e c'è la sofferenza di Brünhilde, la figlia più amata e quasi un suo doppio nell'esegesi registica (è lei a privarlo della divinità, la maschera di ieratica fissità, confrontandolo con le sue contraddizioni). La lettura di McVicar è lineare, lontana da eccessi intellettualistici, e, più che al testo wagneriano reinterpretato con intelligente libertà, vicina al suo respiro musicale. Per una regia dal forte segno personale ci sarebbe voluta una realizzazione musicale di pari livello, che invece aveva non pochi limiti. Marko Letonja concertava con prudenza eccessiva i primi due atti e si concedeva qualche slancio soltanto nel terzo. Se la sua "Walkürenritt" risultava assai poco memorabile, apprezzabile era invece l'intimistica dimensione cameristica del primo atto. Va riconosciuto che non lo aiutava la gracile prova di un'Orchestre philharmonique de Strasbourg avara di colori e tecnicamente fragile, specie negli ottoni: peccato mortale in Wagner! Piuttosto diseguale anche la compagnia di canto con punte di eccellenza solo nel Siegmund dal bello slancio lirico di Simon O'Neill e nell'intensa Sieglinde di Orla Boylan. Buone anche le prove di Hanne Fischer in Fricka e di Clive Bayley in Hunding. Meno convincenti Jason Howard, privo della profondità di un ruolo complesso come quello di Wotan, e Jeanne-Michèle Charbonnet, attrice perfetta ma inadeguata ad affrontare le asperità vocali del ruolo di Brünhilde.

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