Tra folclore ed astrazione

La Volksoper di Vienna propone un allestimento di La sposa venduta di Smetana che cerca nuove soluzioni di regia senza però abbandonare i cliscée che non possono mancare quando ci si trova di fronte alla cosiddetta opera nazionale. Buono il cast dei cantanti, poco differenziata la resa orchestrale.

Recensione
classica
Volksoper Vienna
Bedrich Smetana
30 Aprile 2005
Con La sposa venduta Smetana fa il primo passo verso la creazione dell'opera nazionale ceca. Questo periodo della storia della musica si suole definire quello delle scuole nazionali e solo a posteriori ci si rende conto di quante contraddizioni e difficoltà si possano incontrare nell'eseguire questa musica. Il caso dell'opera lirica è paradigmatico. L'opera nazionale ceca deve essere in lingua ceca, verrebbe da pensare, ma il nostro allestimento è in tedesco. Il quesito circa la leggittimità di una traduzione rimane senza risposte: Mahler dirigeva l'opera solo ed esclusivamente con il testo ceco; Zemlinsky si diceva soddisfatto con la versione tedesca. La regia è il prossimo ostacolo e non facendo attenzione l'opera nazionale può diventare, senza nemmeno accorgersene, nazionalistica. Il nostro allestimento sembra voler ignorare il dilemma trovando una via di mezzo tra folclore (danze in costume con urla, stivalate e atmosfere Oktoberfest) e astrazioni che permettono proprio di tematizzare i confini fluttuanti tra popolare e populistico. La festa paesana si svolge in una palestra negli anni '50 o '60. Ai muri sono affissi manifesti di politici e dal soffitto pendono bandierine dai colori della bandiera ceca. Solo in seguito, con l'aggiunta di qualche stella, si collegano questi colori a una bandiera ben più nota, quella americana. Parte del pubblico non ha apprezzato questa ambiguità di tempo e luogo e queste sottigliezze politiche e ha coperto di buh il team registico. Bravi i cantanti, soprattutto la Kaiser, matura, espressiva e calda nel timbro, mentre König va lodato per la sua chiarezza. L'orchestra cade spesso nella trappola dell'iperfolclorismo. Nelle danze perde l'"autocontrollo", rendendo l'opera più contadina del necessario e per il resto manca di differenziazione timbrica e dinamica.

Interpreti: Donna Ellen, Kristiane Kaiser, Andrea Bönig, Jennifer O'Loughin, Vitomir Marof, Dietmar Kerschbaum, Markus Raab, Bjarni Thor Kristinsson, Heinz Zednik, Stefan Cerny

Regia: Uwe Eric Laufenberg

Scene: Christoph Schubiger

Costumi: Jessica Karge

Coreografo: Matyas Jurkovics

Direttore: Marc Piollet

Maestro Coro: Michael Tomaschek

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