Tosca in chiaroscuro

Sul podio Stefano Ranzani e Maria Teresa Leva al debutto nel ruolo

GD

01 dicembre 2025 • 3 minuti di lettura

Tosca (Foto Rolando Paolo Guerzoni)
Tosca (Foto Rolando Paolo Guerzoni)

Modena, Teatro Pavarotti-Freni

Tosca

27/11/2025 - 30/11/2025

Dopo un primo passaggio a Ravenna all’inizio dell’anno, approda anche a Modena l’allestimento di Tosca curato da Luca Orsini in un elegante e intenso spettacolo, in ricordo di Cristina Pezzoli, coprodotto da Azienda Teatro del Giglio di Lucca, Teatro Goldoni di Livorno, Teatro Verdi di Pisa e dai già menzionati e sottintesi Teatro Alighieri e Teatro Pavarotti-Freni. 

La regia di Orsini è di natura tradizionale e riesce con un buon livello di intensità drammatica a delineare tutti gli aspetti atmosferici della Roma ottocentesca protagonista del libretto di Giacosa e Illica. Secondo le imponenti e spettacolari scene di Giacomo Andrico e i caravaggeschi toni chiaroscurali delle luci di Tiziano Panichelli, tutti gli ambienti dell’opera pucciniana diffondono, come per induzione, il pervicace senso di inquietudine e oppressione che affligge i due protagonisti, impotenti al cospetto della meschinità di Scarpia. La messinscena, dunque, è da valutarsi ben riuscita, anche in virtù del suo nostalgico carattere di artigianalità elargito, con vivo piacere del pubblico, non solo dalle suddette scenografie, ma pure dai costumi eleganti e doviziosi di Rosanna Monti. Sul fronte vocale occorre segnalare il debutto nel ruolo del titolo di Maria Teresa Leva, che ha cantato con intensità ed emozione una Tosca caratterialmente ben definita. Il suo timbro, chiaro ma robusto, si è dimostrato più che adeguato al personaggio, mentre dal punto di vista canoro si sono apprezzati i sofferti pianissimi durante l’esecuzione di Vissi d’arte e l’acuto svettante nel finalissimo “O Scarpia, avanti a Dio!”. Accanto a lei, Giorgio Berrugi ha interpretato Mario Cavaradossi forse un po’ troppo timidamente e cautamente nei momenti solistici dei primi due atti, per poi, tuttavia, farne esplodere la passionalità durante i duetti e soprattutto nella corretta esecuzione di E lucevan le stelle. A ostacolare i due amanti, il Barone Scarpia dello scenicamente carismatico Dalibor Jenis, baritono dallo strumento rotondo e ben fraseggiato, sebbene proiettato a volte con eccessiva violenza, con il rischio di cadere nell’artificiosità. Intorno a loro, i pertinenti e professionali Gaetano Triscari (solido Angelotti), Roberto Abbondanza (convincente Sagrestano) e i bravi – pure in senso manzoniano – Aldo Sartori (Spoletta) e Tamon Inoue (Sciarrone). Inoltre, il Coro lirico di Modena, preparato da Giovanni Farina, è apparso omogeno e intonato durante la scena del Te Deum.

Sul podio, Stefano Ranzani ha prediletto una conduzione piuttosto piana, ma utilmente accomodante nei riguardi delle voci sul palcoscenico. Comunque, il direttore non ha mancato di far emergere – seppur flebilmente – la dialettica tra la musicalità dell’opera e le spinte espressioniste ed innovatrici insite nella partitura. L’Orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini ha contribuito alla buona riuscita dello spettacolo, propagando un suono ben stratificato e sufficientemente tragico. 

Al termine della recita domenicale e di una produzione generalmente dignitosa ma non memorabile, il pubblico ha tributato applausi convinti a tutti gli artisti coinvolti, con beneauguranti picchi di entusiasmo per la debuttante Leva.